Come fa un ginecologo a formulare una diagnosi senza un ecografo? Bisognerebbe chiederlo ai responsabili dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Nel campus universitario esiste il Centro sanitario che eroga servizi di medicina di base: ha un laboratorio di chimica clinica e tossicologica, l’emergenza del 118, una postazione di continuità assistenziale H24 (ex guardia medica), una postazione Avis e altri servizi. Eppure, questo riconosciuto centro di eccellenza non possiede uno strumento di diagnosi semplice quanto essenziale: un ecografo. Il centro sanitario non è soltanto un polo rivolto alle studentesse, agli studenti e al personale Unical ma è anche punto di riferimento per la cittadinanza residente. Attraverso la stipula di accordi o convenzioni con l’ASP dovrebbe erogare servizi essenziali per l’informazione, la prevenzione e la cura della salute personale e pubblica. Ma tutto questo come può avvenire in assenza degli strumenti necessari?
L’apparecchiatura risulta mancante ormai da diversi mesi e le visite ginecologiche effettuate sembrano un favore alle donne che si rivolgono alla struttura. Il problema era già stato ripetutamente denunciato dagli stessi medici e più recentemente anche dal deputato pentastellato Melicchio durante la scorsa estate. Ad oggi la situazione non è cambiata. Il consultorio dell’Unical dovrebbe essere un centro strategico per le studentesse del campus universitario, spesso impossibilitate a spostarsi o ad accedere a visite costose oppure inibite per via degli argomenti ancora oggi ritenuti tabù. Un centro di prevenzione che possa anche garantire accesso all’informazione per una contraccezione sicura e di qualità, fondamentale per permettere di scegliere più liberamente e che potrebbe contribuire alla riduzione dei casi di infezioni sessualmente trasmissibili, incluso l’HIV, e delle gravidanze indesiderate.
La gravosa situazione sanitaria a Cosenza e più in generale in Calabria è nota e nonostante le posizioni di bandiera sembra ormai assodato che potenziare e migliorare i servizi pubblici sia un miraggio, mentre mantenerli inefficienti sia una strategia a vantaggio delle aziende private del territorio. Il commissariamento della sanità certo non aiuta ma è inaccettabile che i diritti delle donne vengano calpestati nel silenzio e inevitabilmente demandati nelle mani delle strutture convenzionate. Mentre in altre regioni italiane la popolazione under 26 ha diritto agli anticoncezionali gratuiti qui combattiamo ancora per avere una visita medica decente.
Il Consultorio, con la sua storia lunga più di quarant’anni, è un riferimento della sanità pubblica per tutte le donne con servizi medici, psicologici e sociali. Nel 1975, quando venne istituito, puntava a tutelare la salute pubblica con continuità e vicinanza territoriale. Oggi all’interno dei consultori può capitare persino di incontrare medici e personale in servizio intenti a banchettare nell’orario delle visite (esperienza diretta, ndr). Pretendere il rispetto degli orari di prenotazione, una strumentazione adeguata, cortesia e professionalità è un diritto non un favore.
Martina Talarico