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Al Dam con Giuseppe Smorto, il sacro fuoco del giornalismo e la Calabria dei resistenti

Il giornalismo ormai non può che essere digitale: il futuro di questo mestiere è rappresentato dai video, dai dati (data journalism) e in misura minore, ma comunque dirompente, dai podcast. Ne è convinto Giuseppe Smorto, 40 anni di carriera come giornalista professionista, che ha vissuto da protagonista il passaggio dalla carta stampata al digitale. Nel pomeriggio di ieri, invitato dall’associazione culturale Entropia al DAM dell’Unical, l’ex vicedirettore di Repubblica ha presentato il suo ultimo libro “A sud del sud. Viaggio dentro la Calabria tra i diavoli e i resistenti” (Zolfo, 2021) e prima della presentazione, ha tenuto un interessante laboratorio partecipato da una classe mista di studenti e colleghi giornalisti. 

Le piattaforme digitali hanno modificato per sempre il modo di fare informazione e di conseguenza il modo di fare giornalismo. Il lettore assume piena centralità nella fruizione delle notizie: le news del giorno possono essere consultate in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, la carta stampata appare in perenne affanno rispetto al web. Tanto che tutte le testate ormai vanno (giustamente) nella direzione dei contenuti a pagamento, “un errore imperdonabile non farlo dall’inizio” secondo Smorto. Ma mentre in Italia le due testate maggiori, La Repubblica e Il Corriere della sera, si inseguono anche sul web promuovendo modelli differenti di abbonamento, altre testate internazionali come The Guardian consentono la lettura degli articoli in modo completamente gratuito e invitando, ma non costringendo, i lettori a sostenere economicamente il giornale, “modello – sostiene Smorto – impensabile per l’Italia”. Cambia il mestiere del giornalista, che deve adeguarsi ai nuovi linguaggi e alle nuove tecnologie, ma non cambia la curiosità, il “sacro fuoco” che ogni buon giornalista deve avere, “e questo non lo insegnano in nessuna scuola”.

Ed è senz’altro il sacro fuoco ad aver spinto il giornalista di Repubblica, reggino d’origini, a scrivere il suo ultimo libro sulla Calabria “dei diavoli e dei resistenti”. In un viaggio dalla Locride fino all’Unical e ritorno, passando per Cariati, Crotone e altre località, l’autore ha voluto raccontare una Calabria ricca di opportunità e di speranza, allontanandosi dal forte stereotipo che la descrive come una terra in cui a regnare sono esclusivamente criminalità, malasanità e mancanza di lavoro. Quelle che in questo scritto ci vengono raccontate sono storie di successo di chi non si è arreso e ce l’ha fatta, come Giulio Vita, presidente de La Guarimba, che insieme ai suoi compagni ha creduto fortemente nella sua idea di “portare la gente al cinema e il cinema alla gente”. Fondato nel 2012 con l’intenzione di salvare e riaprire l’unico cinema di Amantea, La Guarimba International Film Festival è oggi un evento di cui scrive la stampa internazionale. Come dei ragazzi di Cariati, che hanno occupato l’ospedale rivendicando il diritto alla sanità pubblica, arrivando a toccare le corde di una star internazionale come Roger Waters. Il dibattito intorno al libro, introdotto e moderato dalla presidente di Entropia, la giornalista Daniela Ielasi, si è focalizzato molto sui giovani, restituendo centralità a quanti partono ma poi ritornano, o a quanti caparbiamente restano e si reinventano, in un territorio dalle innumerevoli possiblità e dalla elegante bellezza. Una bellezza che basta cogliere e raccontare, proprio come ha fatto l’autore del libro.

b.a.

(foto copertina Alfonso Bombini)

FaC

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