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Camusso all’Unical: “Università infrastruttura del Paese”

“L’università deve diventare una delle grandi infrastrutture del Paese”: Susanna Camusso insiste ripetutamente su questo punto nel suo intervento di conclusione all’assemblea nazionale della Flc Cgil all’Università della Calabria. La segretaria generale ha ascoltato pazientemente per tre ore gli interventi dei delegati da tutte le università italiane: accenti diversi per descrivere un unico grande disagio, quello di chi lavora a vario titolo negli atenei italiani e ne vive il lento declino senza riuscire a invertire la rotta.
L’attenzione si concentra sugli ultimi dieci anni, sulle politiche messe in campo dal 2008 in poi. Con l’inizio della crisi economica, l’Italia anziché investire in istruzione e ricerca, motore fondamentale per la ripresa, ha tagliato i fondi all’università. Ma non solo. “Le peggiori conseguenze della legislazione sono state la frantumazione e la perdita di potere da parte dei lavoratori” secondo Camusso. Incentivando la competizione, la “politica” ha prodotto un’atomizzazione di fatto, riducendo il sistema universitario in un insieme frammentato di monadi senza potere contrattuale. “Intendevano questo per autonomia?” si domanda in maniera retorica, un’autonomia contrapposta all’universalità del sistema? Compito del sindacato è allora quello di provare a ricomporre, come nell’assemblea della Flc, un soggetto collettivo capace di ridare forza alla mobilitazione, mettendo insieme categorie apparentemente distanti. E sulla questione del precariato, Camusso rilancia la sfida della Flc sulla “contrattualizzazione del personale docente”, l’unica categoria del pubblico impiego inquadrata per legge e non per contratto. Probabilmente non molti fra i presenti sarebbero d’accordo, ma nel discorso sulla ricomposizione del soggetto, il passaggio non fa una piega.
E sempre sul “sistema” insiste la segretaria quando afferma che in un Paese in cui la vita media si è allungata, non è possibile che il tempo dell’istruzione si fermi a 15 anni mentre il tempo di lavoro arriva fino a 70. Bisogna necessariamente ripensare i tempi della formazione, mettendo in pratica un vero “diritto allo studio”, ancorato alla fiscalità generale, con l’obiettivo di trasformare gli studenti in cittadini. “Giovani capaci di una lettura critica del mondo e non soltanto pronti per il mercato del lavoro”. C’è un legame molto stretto fra la presenza degli atenei e lo sviluppo dei territori – conclude – che non è dato solo dalla compresenza o meno delle imprese, ma da un’azione culturale profonda nel tessuto della società capace nel tempo di trasformare e migliorare i territori. D’altronde è questo, e non altro, il senso di un servizio pubblico.

Daniela Ielasi

FaC

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