Gli stati generali sono conclusi e ancora una volta sembra rimandato il dibattito sulla regolamentazione della produzione, della vendita e del consumo della cannabis in Italia. Cento parlamentari, la scorsa settimana, avevano chiesto un incontro al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per iniziare a discutere della possibile legalizzazione della Cannabis nel territorio nazionale ma non sono stati accolti nelle stanze di villa Pamphili a Roma.
Intanto, in seguito alla sentenza delle sezioni penali unite della Cassazione del dicembre scorso, secondo la quale non sarebbe reato coltivare cannabis a uso personale, a patto che la coltivazione sia di minime dimensione ed effettuata con tecniche rudimentali, è stata lanciata una disobbedienza civile con la campagna #iocoltivo, chiedendo ai maggiorenni interessati di coltivare una piantina di cannabis e postare le foto sui social network, garantendo assistenza legale. Alla campagna ad oggi hanno aderito più di 2mila persone, 20 associazioni e 20 parlamentari, e il prossimo passo è una manifestazione a Montecitorio, indetta per giovedì 25 giugno, giorno in cui alla Camera sarà presentata l’undicesima edizione del Libro bianco sulle droghe.
Il tema della legalizzazione non riguarda solo il consumo ricreativo della sostanza psicotropa ma si andrebbe ad inserire in quello che potrebbe rappresentare il rilancio della nostra economia. Gli Stati generali potevano essere un’occasione, anche per abbattere i residui tabù ideologici e porre la discussione nell’ottica del rilancio economico e turistico del nostro Paese. Infatti, come si legge anche nella lettera indirizzata a Conte, la regolamentazione della cannabis riuscirebbe a produrre un gettito tra 6 e 8,7 miliardi all’anno. In generale ci sarebbe un aumento percentuale del PIL compreso tra l’1,20% e il 2,34%, con evidenti ricadute positive sul debito pubblico e sui parametri di stabilità economico-finanziaria del Paese. Uno studio svolto dal prof Marco Rossi della Sapienza di Roma dimostra come la regolamentazione della cannabis genererebbe un beneficio per le casse dello Stato di 10 miliardi di euro: 2 miliardi derivanti dai risparmi dall’applicazione della normativa di repressione e 8 miliardi di nuovo gettito fiscale, certamente un introito importante vista anche la crisi economica prospettata per il prossimo triennio a causa del coronavirus.
Altro aspetto molto importante sarebbe quello della creazione di nuovi posti di lavoro che secondo gli studi condotti i posti generati potrebbero superare le 350mila unità. Posti di lavoro che potrebbero risanare l’annosa questione meridionale e garantire reddito e sviluppo ai giovani meridionali disoccupati. L’intero processo di produzione andrebbe ad accrescere la coltivazione agricola delle nostre terre e la vendita in loco diverrebbe attrattiva turistica, un punto a vantaggio per le aree turisticamente meno frequentate. E la filiera produttiva darebbe un duro colpo alle mafie, sottraendo loro la gestione del mercato e i cospicui proventi miliardari che contribuiscono a finanziare altre attività illecite come usura, traffico di armi, sfruttamento della prostituzione e riciclaggio.
Il Parlamento deve ascoltare gli oltre 6 milioni di consumatori e discutere le proposte di legge d’iniziativa popolare già depositate. È tempo di dare un colpo, questo governo dimostri di essere all’altezza.
Martina Talarico