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Chiusura del Diatic, decisione rinviata. Il rettore: “Aspetterò altri due mesi”

Alla fine il buon senso ha prevalso e difronte al voto contrario del Senato accademico, il rettore Gino Mirocle Crisci ha rinviato la decisione del Consiglio d’Amministrazione, convocato ieri pomeriggio, sulla chiusura del Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e Ingegneria Chimica (Diatic). Non un ripensamento, su un esito che il Magnifico ritiene “inevitabile a norma di legge”, bensì un’ulteriore proroga, l’ultima, per consentire al dipartimento di eleggere il suo nuovo direttore – le elezioni sono già in calendario per il prossimo 17 maggio, ndr. Due mesi al massimo, il tempo di capire se c’è qualche margine, poi avanti spediti, il CdA farà quanto deve. “Ma voglio rassicurare gli studenti – ci tiene a precisare Crisci – per loro non ci sarà alcuna conseguenza, anzi, la situazione può solo migliorare”.

La norma. La legge 240 del 2010 fissa a 35 il numero minimo di docenti e ricercatori che devono afferire ad un dipartimento. Lo Statuto dell’Unical ha recepito la norma ed ha stabilito che qualora il numero scenda sotto la soglia, il CdA proceda alla disattivazione, sentito il Senato. Il Regolamento d’ateneo puntualizza infine che il dipartimento venga “disattivato immediatamente con delibera del CdA” se non riesce a rientrare nei limiti. In realtà questo limite è già stato ridefinito a dicembre 2016 da un decreto rettorale fatto proprio per andare incontro a situazioni come quelle del Diatic. Inizialmente infatti, l’Unical aveva fissato l’asticella più in alto di quanto prevedesse la legge, portando quel numero minimo a 50. C’erano altri equilibri allora in università e la direzione tracciata era quella dei dipartimenti numerosi. Nell’adeguamento alla legge Gelmini si spesero dei mesi a tirare su e giù l’asticella, lasciando in secondo piano progetti scientifici e didattici. Il limite per la disattivazione fu fissato a 45, mentre fra 50 e 45 c’era la possibilità di salvarsi in tre anni. Cambiati gli equilibri, il rettore si ingraziò i piccoli dipartimenti – Diatic compreso – abbassando la soglia ai limiti di legge.

I freddi numeri. Il rettore ripercorre le tappe della crisi del dipartimento diretto da Giordano, “un dipartimento nato male”, con 47 docenti al posto di 50, rinnegato da uno dei principali ispiratori del progetto scientifico del Diatic, il professore Pasquale Versace, che se andò portando via il suo gruppo di ricerca, già all’indomani della sua fondazione. Secondo la ricostruzione del rettore, a maggio 2014 la composizione numerica del Diatic risultava pari a 38 unità: stando al regolamento d’ateneo, non ancora modificato dal successivo decreto, il CdA avrebbe dovuto procedere all’immediata disattivazione. Invece dopo due anni, difronte alla richiesta di trasferimento di sei docenti e ricercatori pervenuta nel luglio 2016, il rettore congela la situazione e emana il decreto in dicembre. Ad ottobre dello scorso anno, le richieste diventano undici. Il Senato prende tempo, incarica inutilmente una commissione e alla fine approva le richieste sul tavolo, lasciando il Diatic a quota 29. Ma non è finita, perché risultano pendenti ancora altre due richieste che, sommate a due pensionamenti, lasceranno presto il dipartimento con 25 docenti.

Casi simili. L’Università della Calabria non sarebbe la prima a chiudere un dipartimento. E’ già successo a Viterbo: nel 2015 il dipartimento di Beni culturali, sceso sotto la soglia dei 35, venne chiuso senza troppe tragedie né conseguenze per gli studenti. Altri pochi casi in Italia si trovano nella stessa situazione, la maggiorparte è sotto di pochissime unità e può  quindi recuperare facilmente. All’Unical c’è stato anche il precedente di Chimica, sceso a 34 dopo il pensionamento di un docente: il dipartimento ha recuperato subito assumendo un ricercatore e rinunciando alle promozioni. 

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FaC

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