Anche se oggi viaggiare e conoscere ciò che c’è dall’altra parte del mondo sembra facile, non è sempre stato così. Il peperoncino ha fatto molta strada da quando un estraneo l’ha portato da casa sua alle nostre tavole oggi. Nel processo ha trasformato le cucine di tutto il mondo, cambiando anche se stesso.
Diverse ricerche dicono che il peperoncino ha le sue origini in tre diverse parti del continente americano: la valle di Tehuacan (Messico), la valle dell’Orinoco (Nord di Sud America) e gli altopiani andini (Ovest Sud America). Nelle culture precolombiane, come quella Maya (Antica Civiltà del Messico) e Inca (Antica Civiltà del Perù), la sua rilevanza culturale non era solo legata al suo valore alimentare, ma anche al piacere della spezia stessa. Infatti, il digiuno religioso consisteva nel privarsi del peperoncino e del sale.
Il nome con cui lo conosciamo oggi è dovuto alla reazione di Colombo quando lo assaggiò. In assenza di altri sapori piccanti, Cristoforo Colombo lo battezzò “pimiento” perché gli ricordava il pepe. Da questa semplice associazione mentale abbiamo le parole “peperone” e “peperoncino” in Italia, “pepper” nei paesi di lingua inglese o “poivre” in Francia.
Nel ritorno dai primi viaggi in Europa il peperoncino arrivò nel nostro continente. I viaggiatori portarono in dono i primi semi e questi furono piantati in diversi monasteri in tutta l’attuale Spagna. Lì, la sua piccantezza sarebbe diminuita per adattarla ai palati europei, meno abituati al piccante, e avrebbe viaggiato verso l’India sulle navi dei marinai portoghesi. Sulla sua strada, avrebbe raggiunto l’Africa attraverso l’Angola e la Guinea e una volta in India, conquistato le gastronomie di gran parte dell’Asia centrale.
Durante questo lungo viaggio, il peperoncino ha influenzato tutte le culture che ha incontrato, diventando un elemento chiave nelle cucine di tutto il mondo. La tipica pasta all’arrabbiata italiana e la pasta alla puttanesca o il gazpacho andaluso non esisterebbero senza il peperoncino. Allo stesso modo, il gulasch ungherese o la nduja calabrese non avrebbero il loro sapore caratteristico senza la paprica creata dai mulini che gli arabi portarono in Al-Andalus.
La storia del peperoncino è un esempio chiaro: non c’è cultura al mondo che non abbia beneficiato di un fattore esterno. Il suo viaggio, dalla valle di Tehuacan migliaia di anni fa alla bocca di miliardi di persone in tutto il mondo, non sarebbe avvenuto se pochi coraggiosi non si fossero fidati di uno sconosciuto che offriva loro del cibo.
Come tutte le cose belle il cibo non ha frontiere. Per questo sarà proprio il cibo ad aprire il NoBorders Festival organizzato dall’Associazione Culturale Entropia, venerdì 1 ottobre all’Anfiteatro Polifunzionale dell’Università della Calabria, Rende (CS). L’aperitivo internazionale con assaggi di cibi dal mondo preparati dai volontari del Corpo Europeo di Solidarietà è previsto alle ore 19, a seguire performance di teatro e musica e il concerto de I Moti Rivoluzionari.
Communication Lab – NoBorders Festival