CULTURA Teatro Zoom

Cinque settimane di teatro internazionale. Succede a Cosenza

Cosenza si risveglia al Teatro. No, non stiamo parlando della scena gastronomica o meglio “aperitivale” – mi si passi la rozzezza del neologismo – alla quale ci hanno resi avvezzi le ultime stagioni distratte e superficiali di direttori artistici certamente più abituati alla frequentazione delle stanze del potere che non delle tavole del palcoscenico, ma quella viva e pulsante creata da artisti di respiro nazionale e internazionale, che fanno della ricerca e della sperimentazione dei nuovi linguaggi il proprio pane quotidiano.
Si prepara infatti una sequenza di appuntamenti, distribuiti nell’arco di poco più di un mese, che nulla ha da invidiare alle piazze più prestigiose della penisola e che genera – ahimé – persino un pochino di nostalgia per quell’epoca risalente a dieci o quindici anni or sono, in cui era molto più facile veder transitare nelle sale dell’area urbana – che so? – il Living di Judith Malina, l’Odin di Eugenio Barba, la Socìetas Raffaello Sanzio oppure i Magazzini, giusto per citarne alcuni. Certo le stagioni curate da Scena Verticale al Teatro Morelli di Cosenza, e Fabio Vincenzi al Teatro Auditorium Unical ci regalano sovente delle chicche di notevole spessore, ma rimangono perlopiù eventi episodici, spesso a grande distanza di tempo l’uno dall’altro, che certo non placano la sete di chi – appassionato o addetto ai lavori – troppe volte è costretto a prendere un treno o un aereo per non rimanere tagliato fuori dal percorso di evoluzione della scena contemporanea.
Questa volta invece il MORE al Teatro Morelli di Cosenza, la rassegna Meridiano Sud al Teatro Auditorium all’Unical e, addirittura, quello che sarebbe il caso di chiamare un redivivo Teatro Rendano, hanno cospirato per regalarci queste cinque settimane cinque, durante le quali l’area urbana sembrerà tornare al centro dei circuiti più originali e vitali del Teatro nazionale e internazionale. Le prime due rassegne sono riuscite addirittura nell’impresa di stabilire una sorta di collaborazione a distanza – operazione più unica che rara a queste latitudini, dove invidie gelosie e competizione spietata la fanno spesso da padrone – dando la possibilità a coloro i quali assisteranno agli spettacoli dell’una di avere, con il biglietto d’ingresso usato, la riduzione sugli appuntamenti dell’altra. Bravi!

Ma diamo un’occhiata a quello che ci aspetta a partire da mercoledì 24 di Gennaio, data in cui approderà all’Auditorium Unical uno dei registi più interessanti della Nuova Scena napoletana, Davide Iodice, già ospite delle scorse stagioni anche con attività didattiche e di workshop. Iodice infatti – formatosi all’Accademia Nazionale di Roma con Andrea Camilleri al principio degli anni Novanta che vanta collaborazioni con artisti del calibro di Carmelo Bene e Leo De Berardinis – fa dell’esperienza laboratoriale, spesso a contatto con le realtà più difficili e periferiche del proprio territorio, un vero marchio di fabbrica. Questa volta ha incontrato un gruppo di giovani attori e rapper napoletani con i quali ha pensato bene di mettere in scena nientepopodimeno che una riscrittura dell’Amleto di sir W.Shakespeare. “Amleto è l’emblema stesso del fare teatro ed è questione di maturità”. Si legge nelle note di regia, sul sito dello Stabile di Napoli produttore dell’operazione. “Ritrovo questa necessità ora, come ritrovo la necessità di dire tra tante, una parola mia su Napoli. In questo tempo di “paranze d’‘e criature” e di criature morti ammazzati, di padri che mandano – ancora –  i figli alla strage, nell’Elsinore dove vivo, tra Forcella e Sanità, qui mi riappare l’ombra di Amleto, qui sento che non è tanto questione di essere o non essere ma di mal’essere, nel senso doppio della nostra lingua che dice insieme di persona cattiva ma anche di un profondo scoramento esistenziale”.

Ancora protagoniste le periferie di Napoli, per il secondo appuntamento da segnalare. Domenica 28 alle ore 18,30 arriva, direttamente da Scampia, al Teatro Morelli l’incredibile esperienza di Punta Corsara con Il Cielo in una Stanza. Compagnia di giovani attori e attrici cresciuta tra le file della scuola di Teatro, nata nel 2007 come progetto di impresa culturale della Fondazione Campania dei Festival per il Teatro Auditorium di Scampia e diventata indipendente dal 2010, anno in cui vince anche il Premio Speciale Ubu e il premio Hystrio – Altre Muse. Dal 2009, Marco Martinelli (direttore artistico fin dall’inizio del progetto), ne ha affidato la guida ad Emanuele Valenti e Marina Dammacco, suoi assistenti sin dall’inizio del percorso. Il gruppo corsaro costituito dai giovani attori, organizzatori e tecnici che hanno preso parte al percorso triennale di formazione ai mestieri dello spettacolo, è diventato una realtà di un certo rilievo nel panorama nazionale. Generando anche delle individualità di tutto rispetto, che rinnovano la grande tradizione artistica napoletana. Pensiamo soprattutto a Vincenzo Nemolato, già vincitore del premio Ubu come “Miglior attore under 30” (2012) e del premio Le maschere del teatro italiano come “Miglior attore emergente” (2017). Ma anche all’esperienza extra-teatrale della casa editrice Marotta&Cafiero, storico marchio librario partenopeo che Rosario Esposito La Rossa e Maddalena Stornaiuolo (altri due protagonisti della prima ora di Punta Corsara) hanno rilevato e trasferito da Posillipo a Scampia. Oggi la casa editrice pubblica prevalentemente libri di impegno civile, sociale, politico e ambientale. Dedicando molta attenzione ai giovani autori, al Sud, alle periferie e, ovviamente, alla città di Napoli. Specializzata sui temi dell’ecologia, dell’antimafia, dell’immigrazione e della decrescita, da qualche anno si occupa anche d’infanzia con una collana dedicata ai più piccoli. Tutti i libri della casa editrice, indipendente dalla mole, dalla carta e dal formato non costano mai più di 10 euro, tetto oltre il quale un volume diventerebbe – secondo il parere dei nostri giovani editori – qualcosa di elitario che non tutti potrebbero permettersi. I responsabili ci tengono a sottolineare che i libri di Marotta&Cafiero sono tutti prodotti Pizzo Free, ovvero realizzati da un’azienda che non paga il “pizzo”!

Napoli Rulez. Il 30 e 31 Gennaio torniamo al TAU di Arcavacata per Scannasurice. Il testo che nel 1982 segnò il debutto di Enzo Moscato come autore e interprete, oggi con la straordinaria interpretazione di Imma Villa è diventato un piccolo classico aggiudicandosi il Premio della Critica 2015 come miglior spettacolo. Ambientato dopo il terremoto a Napoli del 1980, si tratta di una sorta di “discesa agli inferi” di un personaggio androgino dell’ipogeo napoletano, dove abita all’interno di una topaia, tra gli elementi più arcani della napoletanità. Ne firma la regia Carlo Cerciello. La messa in scena prevede la presenza del pubblico sul palcoscenico per soli 120 spettatori a serata. Ricordatevi di prenotare!

D’obbligo martedì 6 di febbraio una puntatina al Teatro Rendano, nella cui stagione “L’altro teatro”, fra un’indigestione di teatro borghese e cabaret televisivo, spunta – come un fungo allucinogeno – l’eccezionale presenza di un maestro assoluto della scena del Novecento, l’ultranovantenne Peter Brook, che a distanza di più di trent’anni torna a confrontarsi con il poema epico per eccellenza della tradizione indù, il Mahabharata. Se nel 1985 al Festival di Avignone lo spettacolo fu una sfavillante maratona di nove ore suddivisa in tre giornate, in questa versione dal titolo Battlefield, che gode della collaborazione drammaturgica di Jean-Claude Carrière e di quattro interpreti straordinari come Carole Karemera, Jared McNeill, Ery Nzaramba e Sean O’Callaghan, il lavoro si riduce alla durata di poco più di un’ora. Che sollievo per i sonnacchiosi abbonati del Teatro di tradizione cosentino, reduci dalle performance di Lopez e Solenghi! Da non perdere.

Torniamo al TAU dell’Università della Calabria l’8 e il 9 di febbraio per affondare lo sguardo in un altro delicatissimo quartiere di Napoli con Il sindaco del Rione Sanità. “Commedia del 1960, il cui protagonista Antonio Barracano è padre-padrone di eroici diseredati, morali e materiali, a cui impone una giustizia non sempre, e non necessariamente in linea con quella riconosciuta dalla legge. (…) in cui il grande Eduardo voleva porre l’interrogativo non facile di una scelta di campo morale.” Nella riuscitissima operazione alchemica coprodotta dal Teatro Stabile di Torino con un’altra giovane esperienza di qualità della scena napoletana indipendente come NEST, Mario Martone, regista che non ha certo bisogno di presentazioni, ha deciso di affidare la parte del boss, nel testo originale un uomo di 75 anni, al bravissimo ma meno che quarantenne Francesco Di Leva (anima della compagnia Napoli Est), precipitando così la vicenda in una sconvolgente attualità di guerre fratricide e gioventù violenta che – ahinoi – non fatichiamo a ritrovare ogni giorno fra le pagine della cronaca nera.

Un break di poco più di una settimana, e si ritorna in città, dove, ancora al MORE, il 18 di febbraio arriva Ascanio Celestini. Diventato ormai un personaggio di primo piano della scena nazionale – anche un tantino “mainstream” – con all’attivo alcune pellicole di un certo successo e numerose apparizioni televisive, Celestini non abbandona i temi che gli sono da sempre più cari, la vita quotidiana dei diseredati filtrata attraverso un teatro popolare di narrazione, echeggiato fin dal titolo Pueblo.

Sabato 24 febbraio il MORE si accende di uno straordinario evento. Dopo aver percorso la penisola in lungo e in largo ed essere approdati perfino nella mitica sala Off-Off Broadway del La Mama Experimental Theatre di NYC, tornano a Cosenza i Motus con MDLSX. Lo spettacolo che riecheggia nel titolo il romanzo dello scrittore USA Jeffrey Eugenides, Middlesex, è presentato come «uno “scandaloso” viaggio teatrale di Silvia Calderoni che si avventura in questo esperimento concepito nel formato di un eccentrico Dj/Vj set. (…) un ordigno sonoro, inno lisergico e solitario alla libertà di divenire, al gender b(l)ending, all’essere altro dai confini del corpo, dal colore della pelle, dalla nazionalità imposta, dalla territorialità forzata, dall’appartenenza a una Patria.» Sarà l’occasione per rivedere sulle scene cittadine questa particolarissima figura di performer androgin@ che si è costruita negli ultimi dieci anni con Motus, ma anche autonomamente (basti pensare allo stupefacente Kaspar Hauser con Davide Manuli) un percorso unico nel panorama della scena nazionale, ibridando tutti i generi e scavalcando metodicamente ogni possibile confine, arrivando persino a sfilare in passerella per Gucci. CULT!

Last but not the least. Con l’arrivo di marzo, sul palcoscenico del MORE è il turno della grande danza. La definizione “danza” è quanto meno riduttiva per descrivere l’incredibile parabola di Collettivo Cinetico. L’ensemble diretto della coreografa Francesca Pennini con il dramaturg Angelo Pedroni ed oltre 50 artisti provenienti da discipline diverse infatti indaga da sempre “la natura dell’evento performativo con formati al contempo ludici e rigorosi che si muovono negli interstizi tra danza, teatro e arti visive”. Attraverso “l’ideazione di metodi di composizione e organizzazione del movimento in grado di incontrare corpi estremamente differenziati e dispositivi che discutono il rapporto con lo spettatore e la visione”. Difficile elencare la sequela di premi che il Collettivo ha ricevuto da pubblico e addetti ai lavori in questi primi dieci anni di attività per le sue 37 creazioni! Questo 10 Miniballetti (1 Marzo ore 20,30 al Teatro Morelli di Cosenza) è “un’antologia di danze in bilico tra geometria e turbinio dove l’elemento aereo è paradigma di riflessione sui confini del controllo. (…) A fare da spartito un quaderno delle scuole elementari di Francesca Pennini (coreografa e performer) con decine di coreografie inventate e mai eseguite. Una macchina del tempo per un’impossibile archeologia che si declina sulla scena in una serie di possibilità strampalate”.

Insomma c’è di che soddisfare i palati più esigenti e delicati e sognare beati, almeno per questo scorcio d’inverno, che Cosenza sia diventata davvero “una città europea”. Poi tornerà inesorabile la primavera con il suo anelito di leggerezza, ci resterà il ricordo e un certo numero di ponti, da cui progettare di spiccare il volo.

Manolo Muoio

FaC

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