Donne Unical UNIVERSITÀ Zoom

Contrastare le molestie dall’interno, la sfida della Consigliera di fiducia dell’Unical

Maria Stella Ciarletta (nella foto) è un’avvocata reggina, ex consigliera regionale di parità della Calabria, da febbraio di quest’anno è Consigliera di fiducia all’Università della Calabria, ruolo che ricopre contemporaneamente anche all’Università di Padova. La consigliera di fiducia è una figura voluta dall’Unione Europea per combattere e prevenire molestie e molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Appena insediata, Ciarletta è stata travolta dal caso delle presunte molestie all’Unical. Sul tema l’ateneo non è mai stato insensibile: negli anni non sono mancate iniziative, dal progetto Dav al CUG passando per lo Sportello Pari Opportunità, dalla biblioteca Nosside al centro Women’s Studies “Milly Villa”, per finire alla recentissima attivazione di un Codice di Condotta. Da un’indagine effettuata fra le studentesse nel 2019, era già emerso ad esempio che, a fronte di un 16% di molestie registrate nel Campus, il 3% proveniva da personale Unical. E’ bastato un sondaggio sui social per ribaltare la percezione comune, trasformando l’Università in un covo di molestatori. Ora che il clamore mediatico si è attenuato, proviamo a capire come stanno veramente le cose ma soprattutto quali sono gli strumenti utili a contrastare dall’interno le molestie.

Consigliera, ci può spiegare qual è il suo ruolo all’Università della Calabria?
La consigliera di fiducia è stata nominata dall’Unical a conclusione di un avviso di selezione di professionisti esterni all’università esperti in molestie, molestie sessuali e discriminazioni sul lavoro. Si tratta di un organismo nuovo e terzo che può accogliere in riservatezza e anonimato segnalazioni da parte di studenti e studentesse ma anche dipendenti, docenti e ricercatori. Svolge un ruolo di garanzia perché può ascoltare queste denunce e valutare in forma non amministrativa o giudiziaria ma conciliative di mediazione per interrompere questi fenomeni. 

Come funziona invece il Codice di condotta?
Il codice di condotta è uno strumento fondamentale per la prevenzione e contrasto a molestie e molestie sessuali. Innanzitutto, dà una definizione di molestie e molestie sessuali propria dell’università, diversa dalla definizione giuridica o penale. Le molestie all’interno di un ateneo hanno a che fare con le lesioni della libertà e dignità personale di chi la subisce. Sono quei comportamenti che ledono il benessere delle persone, ad esempio nel caso delle molestie sessuali parliamo di un semplice apprezzamento fisico sul look o sulla persona dal punto di vista fisico oppure di avances sessuali, fino ai casi più gravi di ricatti sessuali o richieste di prestazioni sessuali in cambio di favori o benefici all’interno dell’ateneo. Secondo il codice di condotta, chi lavora o studia qui all’Unical ed è a conoscenza di fatti o comportamenti molesti, ha il dovere di collaborare per l’interruzione di questi comportamenti per il contrasto alle molestie sessuali. Diventa un dovere strettamente deontologico ma, sul quale si basa la policy di rimozione di questi fenomeni all’interno dell’ateneo.

Quali sono le conseguenze per chi viola il Codice e come agisce la Consigliera?
Si attiva una procedura informale, si sentono le persone informate sui fatti, si acquisiscono atti e documenti interni all’ateneo fino a farmi un’idea di possibile risoluzione del problema da proporre al segnalante o alla segnalante. Una caratteristica di questa procedura è quella di legare sempre il suo esito e ogni valutazione alla volontà della segnalante o del segnalante. Ad esempio, si richiede l’interruzione dei comportamenti scorretti o si richiede il trasferimento della persona segnalata fino alla possibilità, in casi gravi, di attivare procedure disciplinari. La procedura formale invece si attiva in alternativa a quella informale, quando chi segnala decide di agire formalmente oppure quando la procedura informale non dà risultati. In questo caso la palla passa all’ateneo: il rettore attiva un’altra procedura, che diventerà una vera e propria procedura disciplinare nei confronti del soggetto segnalato. 

Di recente c’è stato molto clamore mediatico su presunte molestie subite all’Unical: esiste un dossier su questi casi, lo avete visionato? 
L’istituzione della mia figura è coincisa proprio con l’esplosione di questo caso del gruppo FEM.IN. ma io non ho ricevuto alcun report da parte del gruppo, non so dire se sia stato consegnato al rettore, posso solo dire che non ho ricevuto alcun tipo di documentazione o segnalazione in merito a questo fatto (dal rettorato confermano che nessun dossier è finora arrivato, ndr). Eppure mi sono rivolta subito a loro leggendo queste segnalazioni, per dare la mia disponibilità.

Perché secondo lei si preferisce denunciare su un social anziché rivolgersi alle figure preposte?
Non giudico chi sceglie di denunciare sui social, anzi, ritengo che si debba ragionare su questa necessità di parlare o denunciare quanto è avvenuto, cosa che forse non era possibile nell’ateneo fino all’insediamento della mia figura di consigliera di fiducia, fondamentale per garantire sicurezza. Il più grande timore di studenti e studentesse è infatti quello di non essere creduti o di subire ripercussioni, cioè di essere additati per aver segnalato senza fondatezza o di avere altre finalità o di essere considerati a loro volta responsabili di quanto segnalato. Il ruolo della Consigliera dovrebbe azzerare tutte queste conseguenze, proprio perché garantisce l’anonimato di chi denuncia, protegge e tutela. Io vedo in questo episodio un’occasione per capire quali erano, in principio, le mancanze da parte dell’ateneo, garantire ancora di più l’ascolto, ma anche imparare ad usare i social in maniera utile e propositiva in modo da raccogliere anche attraverso questi canali eventuali segnalazioni; infatti, proprio sul mio profilo Instagram, attraverso diverse stories, informo e sensibilizzo su molestie, molestie sessuali e sul mio ruolo.

Cosa dicono i dati, c’è una fotografia reale del problema all’Unical?
Bisogna premettere che il fenomeno delle molestie sessuali in ateneo è un fenomeno sommerso, non esiste un dato statistico che ci possa dare dati specifici. Si può ricostruire attraverso altri dati indicatori come una fuoriuscita, ad esempio, di ricercatrici o docenti da un determinato ufficio, che indicherebbe la presenza di ostacoli di tipo discriminatorio alla carriera femminile. E’ importante ricordare che l’Unical, grazie al CUG e al centro studi di genere “Milly Villa”, ha avuto in passato per diversi anni uno sportello antiviolenza (fino al 2016, ndr), sui cui numeri non sono informata direttamente. Per quanto riguarda le segnalazioni, le prime iniziano ad arrivare, sono poche ma è assolutamente normale tenendo conto che l’insediamento di una figura nuova all’interno dell’università richiede un processo lungo e complesso, basti pensare che solo alla fine del mio primo mandato all’università di Padova, i numeri delle segnalazioni hanno iniziato a crescere significativamente. La fiducia delle studentesse bisogna conquistarsela e di conseguenza bisogna lavorarci molto.

Per concludere, nel caso in cui qualcuno dovesse subire molestie nell’ateneo, cosa deve fare d’ora in poi, a chi si deve rivolgere?
La segnalante in generale può rivolgersi alla consigliera di fiducia tramite il mio account di posta elettronica: consiglieradifiducia@unical.it, account a cui solo io ho accesso, senza alcun tipo di filtro amministrativo. Io risponderò, fisserò il primo appuntamento, (per ora su piattaforme, quando sarà possibile anche in presenza), finalizzato esclusivamente a conoscere quanto è successo, la segnalante può decidere di andare avanti nella segnalazione e chiedere l’intervento della consigliera di fiducia per far interrompere i comportamenti molesti, ma può in qualsiasi momento cambiare idea, fermarsi, prendersi una pausa per riflettere, così come interrompere la procedura senza alcuna conseguenza: le volontà della segnalante sono prioritarie su tutto il resto. Rivolgersi alla consigliera di fiducia non esclude la possibilità di rivolgersi a un centro antiviolenza o a un avvocato per valutare anche strade giudiziarie, sono percorsi compatibili che possono convivere. Essendo avvocata posso anche consigliare strade esterne all’ateneo da intraprendere contemporaneamente alla procedura interna. L’importante è rivolgersi a organismi competenti, pronti ad ascoltare, accogliere, capire senza giudicare.

Francesca Principe

FaC

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial