“Nessuna posizione chiara sul precariato della ricerca da parte dei candidati a Rettore dell’Unical”. A lamentarlo in un comunicato stampa è il coordinamento delle precarie e dei precari costituito da ricercatori, tutor, cultori della materia, dottori di ricerca, studenti, “ingranaggi che consentono al motore della ricerca di non fermarsi”. “Nei diversi incontri pubblici ai quali alcuni e alcune di noi hanno avuto la possibilità di partecipare – si legge nel comunicato inoltrato in redazione – la questione non è stata affrontata e, qualora sollecitata, è stata in genere liquidata con poche battute, spesso superficiali, da parte di tutti e tre i candidati, che non hanno finora accennato a una strategia chiara di intervento in merito. Siamo soprattutto colpiti dal modo in cui durante gli incontri la condizione professionale e personale di intrappolamento nell’incertezza e nella temporaneità in cui versano centinaia di precari e precarie della ricerca sia stata elusa o, peggio ancora, distorta con il solo effetto di produrre una sua invisibilizzazione, in netto contrasto con l’urgenza e la gravità della situazione”.
Certamente non si tratta di istanze pertinenti alla sola Università della Calabria. “Il precariato dei lavoratori e delle lavoratrici della conoscenza nelle università italiane è un problema ormai consolidato e, allo stesso tempo, particolarmente e drammaticamente attuale. Le sue cause vanno rintracciate nel progressivo de-finanziamento e de-investimento nella ricerca pubblica così come in una serie di interventi legislativi nel settore che, dalla cosiddetta riforma Gelmini in poi, hanno reso sempre più difficile e accidentata la stabilizzazione dei ricercatori e delle ricercatrici precari. Questa tendenza tutta italiana ha costretto una intera generazione a cercare di sopravvivere lungo un percorso ad ostacoli caratterizzato da contratti poco tutelati e che spesso conduce inevitabilmente all’espulsione dal sistema universitario e a un futuro lavorativo quantomeno nebuloso. Il mancato riconoscimento della dignità e dei diritti dei ricercatori e delle ricercatrici precari avviene a fronte del fatto che il loro lavoro e le loro competenze non solo abbiano contribuito e contribuiscano ad arricchire attraverso risorse umane ed economiche le università e i dipartimenti di afferenza, spesso attraverso rilevanti progetti di ricerca competitivi a livello internazionale, ma si dimostrino nei fatti indispensabili per assicurarne la sostenibilità della didattica e lo sviluppo della ricerca. Secondo i dati di una recente ricerca realizzata dalla CGIL, infatti, alla fine del 2017, il personale universitario italiano era composto per il 55,9% da lavoratori precari (assegnisti, RTDa, borsisti, contrattisti) – la gran parte dei quali con un’età superiore ai 40 anni. Particolarmente significativo e preoccupante è poi il fatto che la percentuale complessiva dei ricercatori con un contratto RTDb- quello cioè corrispondente al primo gradino della stabilizzazione nella carriera universitaria – sia soltanto del 2%, nonostante il piano straordinario del 2015/2016 e indipendentemente dal numero di abilitazioni scientifiche conseguite.” Se il quadro nazionale preoccupa, i dati dell’Unical non rassicurano, infatti “se globalmente nel 2017 solo il 25% dei ricercatori e delle ricercatrici era precario, questo non significa l’avviamento di un percorso virtuoso di reclutamento, quanto una maggiore scarsità di contratti e la diffusione di forme collaborative prive di qualsiasi tipo di retribuzione (es. cultore della materia). La mancanza di strategie di stabilizzazione è d’altra parte chiara se si considera che nella popolazione indicata il numero di contratti tenda a diminuire man mano che aumentano le tutele e il livello remunerativo previsti dalle diverse forme contrattuali: 177 sono i contratti di docenza, 81 gli assegni di ricerca 20 gli RTDb e 9 gli RTDA. In sostanza, i precari sono necessari per garantire attività di ricerca e didattica, ma non devono “costare” troppo.” In seguito a queste riflessioni il comitato chiede ai candidati a Rettore di esplicitare all’interno dei programmi la propria strategia di contrasto al precariato nella ricerca e di reclutamento per i prossimi anni, con particolare riferimento a quelle che sono le forme contrattuali relative ai Ricercatori a tempo determinato di fascia a e b.
In conclusione, riteniamo che il riconoscimento dei diritti, del lavoro e della professionalità dei precari e delle precarie della ricerca sia uno dei fattori essenziali per il futuro e la crescita dell’Università. Il dibattito che si sta svolgendo in queste settimane per la scelta del prossimo Rettore non può continuare a ignorare una simile problematica che, invece, dovrebbe essere al centro dell’agenda decisionale dei prossimi anni.”