“Quando abitavo in una baracca e sentivo la pioggia cadere sulle lamiere mi sembrava di sentire gli applausi. Adesso quegli applausi sono veri, siete voi. E io sento il calore di una famiglia, mi sento a casa, la mia famiglia è il cinema”.
Le parole semplici ma potenti di Marcello Fonte hanno fatto il giro del mondo. E’ sorridente e incredulo mentre ritira il premio per la Migliore Interpretazione Maschile sul palco della 71° edizione del Festival di Cannes. L’attore nasce quarant’anni fa a Melito di Porto Salvo, ma cresce ad Archi, Reggio Calabria. Non ha un’infanzia facile, la famiglia vive in condizioni di povertà, ma questo non impedisce al piccolo Marcello di sognare. Sul finire degli anni ’90 entra per la prima volta in contatto con il mondo del teatro, grazie al fratello scenografo, che lo chiama a Roma e lo coinvolge in uno spettacolo teatrale. Da questo momento in poi, comincia un percorso che si snoda tra teatro, cinema e televisione, passando per gli spazi autogestiti della capitale, il Teatro Valle e il Cinema Palazzo: Marcello è tutto fare, si arrangia dietro le quinte, fa le comparse, sopravvive “grazie ai cestini” che si distribuiscono sul set. Poi la grande occasione, Matteo Garrone gli propone il ruolo di protagonista per il suo nuovo film “Dogman”. La trama del film si basa su un fatto di cronaca realmente accaduto. Fonte, infatti, interpreta Pietro De Negri, proprietario di una toelettatura per cani, ribattezzato dalla cronaca nera come “Il canaro della Magliana”, il quale sconvolse la capitale con l’efferata tortura e l’omicidio del pugile Giancarlo Ricci, che, oltre ad essere il suo persecutore, terrorizzava l’intero quartiere. Pur ispirandosi al fatto di cronaca, Garrone chiarisce di non voler ricostruire i fatti accaduti ma di voler raccontare la storia di un uomo che, tramite l’omicidio, cerca e crede di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, illudendosi di aver liberato sé stesso e le persone che lo circondano dall’oppressione del pugile.
m.f.p.