Cinema CULTURA

Futura, raccontare l’Italia oggi attraverso i volti e le parole dei giovani

Lunedì 23 maggio il progetto ReconnAction ha portato nella sala cine teatro dell’associazione Entropia “Futura”, il documentario di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, un’inchiesta collettiva che attraversa l’Italia per chiedere ai giovani la loro idea sul futuro. La proiezione è stata presentata da Daniela Ielasi, giornalista e presidente dell’associazione Entropia, che da sempre vive nella terra di mezzo di quelli che i registi definiscono i “divenenti”, insieme a Daniele Dottorini, professore di Cinema all’Università della Calabria. “Non un film sui giovani, ma in cui i giovani, reali protagonisti, si raccontano alle telecamere assumendosi in un “noi” che li caratterizza in segno di rottura nei confronti di chi è arrivato prima di loro- commenta Ielasi -non solo paure e fragilità ma anche una straordinaria potenza traspare dai volti dei protagonisti, una forza spiazzante, che è motrice di cambiamento e che i registi restituiscono senza giudicare”.

Un film collettivo lo definisco gli autori, un’inchiesta svolta dai registi lungo la penisola che si presenta come un esercizio di maieutica a volte. Perché, come spesso accade per le più complesse questioni filosofiche, non è facile rispondere alle domande semplici, e quando non c’è una risposta esatta, “i divenenti”, come vengono definiti gli intervistati dai registi, sorprendono, stupiscono e costringono lo spettatore a chiedersi quale sia il suo ruolo nei mondi diversi, più o meno distanti, che prendono forma dalle loro parole. Allo stesso tempo però si ha l’impressione che si sia perso qualcosa, come se i “grandi” nella corsa affannata a garantire un futuro migliore alle generazioni future abbiano finito con l’appropriarsene. Non c’è spazio per i giovani, non c’è inclusione nel presente, e così tanti vogliono e sperano di poter andare via.

Ma parole come successo, felicità, amore, si declinano in significati diversi, perché una cosa che non è cambiata è la diversità che caratterizza l’Italia, affascinante quando si osservano le peculiarità a diverse latitudini geografiche, ma allo stesso tempo limitante quando queste diventano diverse latitudini sociali e ci si rende conto che le possibilità non sono uguali per tutti. Gli omaggi a Pasolini o Mingozzi e Soldati portano indietro le lancette del tempo, e fanno riflettere sulla strada fatta ma anche sulla responsabilità individuale e collettiva della direzione a cui esponiamo il presente, da cui non possiamo esonerarci, chi pensa di farlo soccombe alle ingiustizie sociali e ne diventa complice.

Futura è quel film che torneresti volentieri a guardare e che consiglieresti a tutti di guardare.
Specialmente ai giovani! Perché in quell’universo di costellazioni che emerge dalle interviste a decine di ragazze e ragazzi, dai grandi centri alle periferie rurali, ci si sente meno soli. Il paradosso dell’era dei social e delle connessioni è rappresentato dal forte sentimento solitudine nel mondo extra-virtuale. Le politiche dell’isolamento degli ultimi anni, poi, hanno devastato la socialità e privato questi giovani di una dimensione fondamentale nella crescita. Ma nelle parole, nella voce, negli occhi dei giovani intervistati si può trovare non solo il riflesso di timori, paure, ma anche desideri e sogni, che attraversano trasversalmente le nuove generazioni.
Specialmente ai meno giovani! Perché i protagonisti delle interviste di Futura sono molto diversi tra loro, ma tutti o quasi condividono insoddisfazione per questo presente, così come è stato predisposto da chi li ha preceduti, e la mancanza, con questi ultimi di una comunicazione reale. La questione probabilmente non è generazionale, la mancanza di comunicazione e di ascolto permea le relazioni della società tutta, ma “sono i grandi che hanno in mano le redini”, e se risulta impossibile trovare spazio e considerazione per i giovani nelle logiche del nostro presente allora è il caso che qualcuno si faccia da parte, mentre tutti gli altri prenderanno parte al progetto di una comunità inclusiva nei confronti dei giovani, che possa essere realmente educante per costruire un futuro. Migliore.

 

Maria Pia Belmonte

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