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Il fuorilegge Mimmo Lucano: “C’è una parte di mondo che non si rassegna”

Nel pomeriggio di sabato 24 ottobre Mimmo Lucano è stato ospite della città di Cosenza grazie alla Terra di Piero, nel parco Piero Romeo per presentare il suo libro, Il fuorilegge. Il libro racconta la storia della trasformazione di un uomo nella vittima di una persecuzione politica. Perché distruggere il Villaggio Globale di Riace è stata una scelta politica, lo rende chiaro il Consiglio di Stato che definisce inconsistente il quadro giudiziario della Prefettura di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di Mimmo Lucano nel 2018. Una scelta politica però distante dalla realtà sociale in cui ha agito, che ha trasformato Lucano in un simbolo della lotta per i Diritti Umani.

Infatti se l’allora Ministro dell’Interno Minniti non perse tempo a revocare la fiducia al Villaggio Globale, qualche giorno dopo l’arresto di Lucano, mentre lui era ai domiciliari, migliaia di persone da tutto il mondo si riversano nelle vie di Riace, per manifestargli solidarietà. Le istituzioni non stavano solo criminalizzando un uomo ma tutta una comunità che si riconosce sullo stesso sistema di valori sui cui Lucano aveva costruito Riace, il paese dell’accoglienza di cui hanno parlato anche Bbc, Aljazeera o The Times. Sebbene Riace e Lucano siano usciti vincitori dallo scontro, le azioni politiche e legali hanno avuto pesanti conseguenze sociali nella comunità, annientando l’efficacia e la sostenibilità del “modello Riace”, almeno sul territorio.

Oggi Riace è di fatto un paese spaccato a metà, il villaggio globale che resiste grazie alla solidarietà, alla rete del terzo settore, e la marina della Lega con un sindaco decaduto per inelegibilità, che dalla targa di Riace ha tolto l’Accoglienza e il ricordo di Peppino Impastato. “Io sono sempre stato ispirato dagli ideali di una sinistra utopica, dell’uguaglianza, del riscatto, palesemente minacciata dalle scelte di una governance che cerca di criminalizzare la solidarietà, le ong in mare [..] C’è una parte di mondo che non si rassegna alla costruzione di comunità sulla base del privilegio, dell’esclusione, dell’emarginazione.

Mentre le istituzioni aggredivano Mimmo Lucano, due giovani migranti trovavano la morte nel degrado della tendopoli di San Ferdinando, e questo Lucano lo ricorda, perché raccontare la sua storia vuol dire raccontarne i protagonisti, le persone, il rifiuto di un sistema di clandestinizzazione dell’altro. La sua vicenda ha dato però volti e nomi alla cattiva politica in Italia, perché Riace non era solo la prova di una comunità solidale, multietnica e globale, ma anche un esemplare intervento nella questione del declino demografico di cui soffre la regione, la chiave di un percorso di politiche sociali efficaci e sostenibili da tanti punti di vista.

Oltre al grande rammarico per quello che sarebbe potuto diventare il modello Riace se avesse incontrato l’appoggio delle istituzioni e della politica, resta la voglia di essere parte di un cambiamento necessario. Riace prima di diventare un punto di riferimento per le politiche d’integrazione per la comunità internazionale era solo un comune appartenente alle cosiddette aree fragili. Il Villaggio globale risponde alla perdita della comunità, al declino demografico cui è esposta la Calabria. “Cosa è rimasto a Riace? – s’interroga Lucano – Asili, scuole, è tutto chiuso, tutto un abbandono…Bisogna ricominciare dai presidi locali, organizzarsi sulla base del principio di convivenza civile, sulla solidarietà. Anche per far rinascere i rapporti umani, in un momento…in una crisi d’umanità che secondo me non ha precedenti, e si può fare solo attraverso l’arte, i teatri, i centri culturali e associativi”.

Maria Pia Belmonte

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