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Né teatro, né musica, né poesia. E’ il “Canzoniere Storto” di Ernesto Orrico

Il “Canzoniere Storto” di Ernesto Orrico (Edizioni Underground?) è come un dono che il prolifico attore, autore e regista cosentino ha deciso di fare al suo pubblico. Una raccolta di pensieri sparsi e poesie scritte negli ultimi anni che, come nelle opere precedenti, diventa una finestra di osservazione del mondo, dei luoghi e delle persone che gli stanno intorno. 

La presentazione del libro, organizzata lo scorso 4 maggio dall’associazione Entropia al DAM dell’Unical, è stata curata dalla scrittrice ed etnomusicologa Delia Dattilo e da Elena Giorgiana Mirabelli, scrittrice e vincitrice nel 2022 del Premio Muricello. La serata è stata arricchita da una vera e propria performance che ha permesso alle pagine del libro di prendere vita attraverso il loro stesso autore che ne ha letto alcuni brani accompagnato dai suoni e dai rumori di Massimo Palermo, sound artist e batterista per Brunori Sas.

Come nota bene Delia Dattilo i luoghi sembrano una costante all’interno dei testi di Orrico, tanto da definirlo (conoscendo lui e i suoi lavori da molti anni) una persona coerente nella sua mutevolezza. L’autore in alcune composizioni fa riferimento anche all’idea di se stesso bambino, “vado a pescare anche nella mia infanzia”, confessa.

Elena Mirabelli parlando del testo utilizza il termine “sgangherabilità” citando Umberto Eco, “testi che anche se smontati e rimontati diversamente, continuano a funzionare lo stesso”, così come ogni frammento del “Canzoniere Storto”, che preso da solo ha un senso compiuto. È l’autore stesso a spiegare l’ordine con cui ha composto i frammenti, “la forma che mi risuonava meglio in testa immaginando il suono della mia voce, sentire le parole che si materializzano”.

Nell’interazione con gli spettatori, diversi ad ogni reading, può succedere di tutto, “è come se il pubblico aprisse la scatola sonora all’interno della quale proviamo” e l’espressione del volto di chi guarda è l’unico modo per capire cosa arriva. Il percorso di realizzazione dal testo alla performance è frutto di un lungo processo di condivisione: con lo spettatore, con le persone che hanno lavorato sul testo, fra il performer e il musicista, tra gli artisti e gli organizzatori. “Io e Massimo non proviamo mai prima quello che vedete in scena: avete visto e sentito qualcosa mai fatto prima e che mai si rifarà – conclude l’autore – questo progetto in questo momento vive nel farsi che lo spettatore vede”. La performance è improvvisazione pura: la presentazione del libro a cui abbiamo assistito al Dam, dunque, resterà unica e irripetibile.

Francesca Lanzo e Giulia Lazzaro

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