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Pensa Tu, la prima Ingegnera aerospaziale d’Italia a Rende per il festival della scienza

“Dico sempre che l’ingegneria, la scienza, la matematica sono l’ultima roccaforte degli uomini, sono catalogate come mondi maschili e che quindi non c’è posto per le donne, ma io ci sono arrivata per testardaggine – racconta Amalia Ercoli Finzi, la prima donna italiana ad essersi laureata in Ingegneria aeronautica –. L’avvicinarsi a queste scienze dure, in particolare l’ingegneria come ho fatto io, era proprio una conquista. Io sapevo che dall’ingegneria avrei tratto non solo il benessere e il lavoro, ma anche la felicità e dico sempre che se dovessi nascere un’altra volta, io nasco donna e farei ancora l’ingegnere”.

Il 24 marzo scorso, Amalia Ercoli Finzi – consulente della NASA, dell’ESA e dell’ASI –, e sua figlia, l’Ingegnera Elvina Finzi, sono state ospiti di “Pensa Tu”, il Festival della scienza e delle curiosità giunto quest’anno alla sua terza edizione. Madre e figlia si passano ben 40 anni d’età, per questo motivo durante l’incontro – moderato dalla sociologa Alessia Teselli, responsabile del progetto “She leads” – hanno raccontato le loro esperienze nel mondo delle STEM – acronimo di “science, technology, engineering and mathematics” – secondo una prospettiva non solo di genere, ma anche generazionale.

A venir subito fuori è un numero, il “131”, che secondo il World economic forum corrisponde agli anni di distanza tra oggi e il raggiungimento della parità di genere. Esiste un test realizzato dalla Harvard University per misurare i propri bias, ovvero i pregiudizi, si tratta dell’Implicit Association Test (IAT), grazie al quale sappiamo che: 7,5 persone su 10 credono che le donne non siano incline alla carriera; 1,5 su 10 che pensa non ci sia differenza tra uomo e donna; e meno di 1 su 10 che le donne siano portate per la carriera. Viviamo immersi in questa realtà, infatti, sul web tante professioni sono rappresentate ed inquadrate in un genere specifico. 

Quando facevo il direttore del dipartimento di ingegneria spaziale, tutto fatto da uomini – racconta Amalia Ercoli Finzi –, avevamo deciso di costruire un satellite in modo tale da farne uno strumento educativo, io ho detto compriamo un aeroplano, avevo anche trovato i soldi (…), almeno imparano che cosa vuol dire. Non solo è stata bocciata ma un mio collega ha detto “un’idea così balorda poteva venir in mente solo a una donna”.” Dopo qualche mese, Amalia si è rivolta a un suo collega proponendo nuovamente la proposta, stavolta caldamente accettata solo perché proposta da lui al dipartimento. “Prima ho fatto votare, in modo tale che ci fosse l’approvazione e a quel punto ho detto: silenzio, vi faccio sentire la registrazione di quello che avevo proposto io”, dimostrando così il loro giudizio affrettato.

Sono andata su ChatGPT, l’intelligenza artificiale generativa – racconta Elvina Finzie ho chiesto: mi disegni un ingegnere che si occupa di intelligenza artificiale? e la prima immagine è stata un ragazzo bianco” e dopo vari tentativi con richieste più dettagliate – sempre in inglese, dunque senza condizionamenti sul genere – ha chiesto “Ma perché non mi disegni una donna che fa l’ingegnere che si occupa di intelligenza artificiale? La sua risposta è stata: “perché non ce l’ho nella base dati”, cioè non è nell’immaginario collettivo, le donne non sono ingegneri, non sono matematiche, non sono scienziate. E siccome da queste immagini soprattutto i giovani traggono l’ispirazione per le scelte del futuro è chiaro che le loro scelte sono condizionate da questa idea. E quindi da qua ci siamo detti bisogna fare qualcosa”, perché è soprattutto nell’età infantile e adolescenziale che i bias si instaurano nelle nostre menti, dunque bisogna agire subito.

Da qui l’idea del loro libro “Sei un universo” in cui sono raccontate le loro storie, insieme a quelle di altre donne e ragazze esperte di materie scientifiche che hanno fatto la storia, come Valentina Tereškova, la prima donna ad essere andata nello spazio, e Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana. Ognuna di loro è associata a una lettera dell’acronimo “S.P.A.C.E.S.”, dove “S” è la stima di sè, “P” la preparazione, “A” è l’ambizione a puntare in alto, “C” la capacità di collaborare, “E” gli elementi essenziali su cui focalizzarsi ed “S” lo spirito d’iniziativa. 

La ragione è che la nostra mente lavora per immagini, per questo motivo il linguaggio diventa molto importante, soprattutto se ci esprimiamo in lingua italiana, in cui la maggior parte delle parole è declinata al maschile o al femminile. Per questo motivo, anche con le professioni, diventa significativo “è vero che riconoscono la tua professione, ma il fatto di poter mettere un genere non è facile, perché l’abbiamo imparato in una maniera diversa – afferma Elvina Finzi –. Quindi quando tu dici l’ingegnera, piuttosto che l’ingegnere, vuol dire che l’ingegnera c’è e quindi la parola che materializza la cosa. Quindi credo che in realtà non sia un sofismo, ma diventa veramente poi la sostanza”. 

In conclusione, il mondo della divulgazione scientifica non è affatto semplice, bisogna tenere in considerazione non soltanto, appunto, l’aspetto scientifico, ma anche il contesto culturale in cui si è immersi. Per questo motivo, festival dedicati alla scienza e alle curiosità come “Pensa Tu” – il più grande in Calabria e nel sud Italia – sono così importanti, perché permettono ai giovani di avvicinarsi a queste realtà e magari capire che potrebbe essere una possibile via da percorrere in futuro.

Deborah Naccarato

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