Il mondo accademico sembra essere circoscritto al web e alla teledidattica. L’emergenza pandemica ha stravolto l’identità delle Università e, sebbene i singoli atenei si siano mobilitati nei primi periodi di emergenza, per garantire continuità didattica, attualmente il dibattito su una riapertura in sicurezza sembra essere lontano. A tal proposito è importante conoscere il parere dei rappresentanti del territorio nel CNSU, unico organo consultivo nazionale del Ministero dell’Università, e capire che proposte si siano avanzate e con che prospettive per l’Università e la ricerca nel Paese. Francesco De Luca (nella foto), studente di Giurisprudenza dell’Unical è stato eletto lo scorso anno al Consiglio Nazionale degli studenti universitari tra le liste di Udu. Un anno di rappresentanza vissuto a distanza per via dell’emergenza, con incontri con il capo gabinetto del Ministero tenuti online e una maggiore attenzione al parere del Cnsu in controtendenza rispetto agli anni precedenti, per volontà politica o a causa dell’impatto pandemico.
La situazione emergenziale che stiamo attraversando ha avuto forti ripercussioni sul mondo accademico, con la chiusura prima delle Università e poi, successivamente, con l’attivazione della didattica a distanza. Qual è la tua percezione?
Io credo che l’università abbia sofferto tanto in questa situazione, cambiando l’approccio alle lezioni e svolgendo gli esami in modalità differente. La reazione dell’università è stata positiva perché comunque non è mai stata messa in discussione l’erogazione della didattica o lo svolgimento degli esami, però bisogna guardare lontano per programmare il futuro, non bisogna fermarsi alla sola emergenza. Fino a quando non ci sarà un vaccino bisognerà fare in modo che ci siano degli slanci per convivere con la situazione e fare in modo che tutto possa ripartire, dall’istruzione e dalla ricerca. Piccoli passi che non devono essere lasciati ai singoli atenei, deve esserci una congiunzione, un lavoro di coordinamento tra le università sotto la spinta della Crui e del Ministero.
Negli ultimi giorni è emersa la possibilità di protrarre la didattica a distanza fino a gennaio 2021, un’ipotesi quasi apocalittica. Tu che ne pensi?
Ad oggi i dati che abbiamo anche dai confronti con il ministero e dai documenti su cui ci è stato chiesto un parere, la situazione di emergenza sembra protrarsi fino a gennaio del 2021 questo perché soprattutto le lezioni in presenza potrebbero rappresentare dei luoghi di assembramento, affollati, dove il contagio potrebbe camminare velocemente. Sicuramente bisogna mantenere l’attenzione, però è anche il momento della programmazione, non solo per i singoli atenei ma per Regioni e Ministero, una programmazione che preveda importanti investimenti ad esempio sulla rete infrastrutturale, perché il problema non è soltanto la struttura universitaria.
In questa seconda fase pare che le singole regioni abbiano margini di manovra più ampi rispetto alla prima fase e considerando il numero contenuto di contagi in Calabria, si potrebbe pensare a una riapertura degli atenei regionali. Secondo te?
Personalmente la divisione territoriale per quanto riguarda le università non mi convince particolarmente, c’è un discorso più ampio rispetto alla semplice apertura che i rettori fanno bene a valutare. E’ vero, ci potrebbe essere una riapertura in Calabria ma proprio qui abbiamo condizioni strutturali che non permettono una riapertura così indiscriminata. Molti studenti sono pendolari e molti hanno lasciato le case poiché rappresentavano un costo ed oggi riaprire porterebbe delle difficoltà a questi studenti e quindi non so se la regione possa dimostrarsi all’altezza di una riapertura in questo momento. Credo che la regione si appresti a fare investimenti, per rendere possibile almeno nel prossimo futuro una ripresa delle università in presenza, potenziando le corse del trasporto pubblico.
Sei stato direttamente promotore di un confronto con i rettori delle università calabresi: che impressioni hai avuto?
Per me è stata una forte emozione ed anche un grande onore mettere al tavolo 4 rettori delle università calabresi. La cosa che mi ha colpito è che i rettori non hanno più una visione campanilistica come quella che c’è stata fino a qualche anno fa: ognuno ha cercato di valorizzare le peculiarità della propria università ma sempre in un’ottica collettiva di Calabria. Secondo me questo è fondamentale affinché la nostra regione emerga e sia una regione d’avanguardia sulla formazione professionale, ma dobbiamo farlo con uno slancio comunitario, collettivo, condividere le idee per il presente e per il futuro. L’importante è restare in Calabria, per le matricole, perchè ci sono buone opportunità di formazione nei nostri atenei.
Che feedback stai raccogliendo fra gli studenti e le studentesse dell’Unical riguardo la scelta rettorale di tenere gli esami di giugno ancora online?
Mi confronto quotidianamente con gli studenti, spesso risulta una scelta non particolarmente comprensibile, però è ovvio che si ferma ad una visione che non è completa della situazione. Nel momento in cui si ragiona, confrontandoci con gli studenti infatti il problema sarebbe per chi ha lasciato la casa, vive a km di distanza e quindi arrivare in università sarebbe un problema. Sentendomi con gli studenti di altre realtà italiane, devo dire che al momento questa scelta è stata condivisa da tutti gli atenei: per quanto mi risulta nessun ateneo ha già intrapreso gli esami da svolgere in presenza, questo vuol dire che c’è una prudenza generale a cui i rettori si stanno attenendo. Ciò non significa che non sia necessario programmare già da ora la ripartenza, prevedendo investimenti per l’erogazione della didattica in modalità mista.
Martina Talarico