Dal primo giugno all’Unical come in altri ateni italiani è scattato lo sciopero dei docenti universitari, in concomitanza con la sessione estiva che si chiude il 31 luglio. La protesta, promossa a livello nazionale dal Movimento per la Dignità della docenza universitaria, ha raccolto circa 7.000 adesioni da parte di professori e ricercatori di 79 università italiane. L’Università della Calabria conta circa 100 docenti che hanno sottoscritto lo sciopero, di cui la maggior parte afferisce ai dipartimenti DISPES, DIMEG e DIBEST. In particolare si è deciso di scioperare contro le poche risorse stanziate con la Legge di Bilancio 2018 utili per lo sblocco degli scatti stipendiali. I docenti non chiedono un assegno con gli arretrati per gli anni in cui gli scatti sono rimasti congelati, ma che questi siano riconosciuti a livello giuridico ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio. La protesta si scaglia anche contro il precariato presente negli Atenei italiani, chiedendo che vengano messi a concorso 6000 posti per Associati, 4000 per Ordinari e altrettanti posti per ricercatori di tipo B.
Lo sciopero della docenza però è poco avvertito in università, anche per le modalità con le quali è stato convocato. Fu così pure lo scorso anno, quando un primo sciopero portò a parziali conquiste sempre sullo stesso tema.
Per capirne di più, e con l’obiettivo di promuovere il dialogo con i docenti dell’Unical che hanno deciso di aderire allo sciopero, la lista “Studenti indipendenti Link” ha organizzato ieri pomeriggio un’assemblea nell’aula SSP1. L’incontro alla fine è stato più utile per capire le ragioni di chi non sciopera.
Al confronto ha preso parte Walter Greco, ricercatore presso il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali che ha espresso la propria opinione affermando non solo di non prendere parte alla protesta, ma di non condividerne le modalità e le motivazioni a suo parere discutibili. Il docente, infatti, ha spiegato che lo sciopero proposto consiste nel blocco di un appello d’esame che verrà successivamente recuperato dal momento che, per legge, un professore universitario è tenuto a garantire 5 appelli all’anno. “Si tratta di uno sciopero in assenza di conflitto”, afferma Greco e, inoltre, con una detrazione fiscale minima dallo stipendio, dal momento che non si tratta di una sospensione di tutte le attività didattiche svolte dal docente, motivo per cui “chiamarlo sciopero è dubitativo”. “I metodi per mettere in crisi un sistema ci sono” ha concluso il docente “ma trovo che la strumentalizzazione di studenti e precari” per raggiungere tale scopo “sia vergognosa”.
Maria Francesca Papa