Se il primo lock-down è stato rivelatorio quasi per tutti- alcuni hanno scoperto di condurre una vita che non gli piaceva, altri hanno capito di aver sbagliato facoltà, altri ancora di non essere innamorati del proprio partner- questa volta non c’è molto da scoprire. Ci siamo già scoperti. L’idea di “restare chiusi ”ancora per chissà quanto, non fa che alimentare quella passiva rassegnazione a cui già siamo abituati da un anno a questa parte. La Generazione Z che prima si batteva nelle piazze con i Fridays for Future, ora si trova chiusa in una stanza a guardare chissà quale serie, che quasi sicuramente farà da sottofondo alla sessione di scroll sui Social, perché, parliamoci chiaro, quella poca attenzione rimasta viene riservata alle cose meno impegnative. In questo stralcio di vita senza stimoli, ogni giorno è uguale al precedente: non progettiamo più, non ci aspettiamo niente. Non aspettiamo con ansia il fatidico week-end, non aspettiamo più le festività, perché ormai si sa che le passeremo in casa e al massimo vedremo quei pochi amici rimasti. Eh si, la pandemia ci ha portato via pure questo, abbiamo riscoperto gli amici intimi a discapito dei conoscenti, quelle persone con cui hai scambiato quattro chiacchiere un paio di volte e che magari incrociavi per caso alle pensiline.
Ma lamentiamoci con dei dati certi, passiamo ai numeri! Una ricerca dell’American Psychological Association ha dimostrato come solo il 45% dei Gen Z si sente in forma per quanto riguarda la salute mentale, contro il 56% dei Millennial e il 70% dei Boomer. Se a livello globale i livelli di stress sono leggermente calati ad aprile 2020, l’Italia va in controtendenza: i Gen Z e Millennial che si dichiarano ansiosi o in preda allo stress passano dal 45% al 48%. E’ ormai chiaro quanto l’intera situazione ci possa condizionare in futuro, e alla luce di questo: cosa pensa la Gen Z? Cosa è cambiato nelle nostre vite e quali sono le nostre prospettive future?
La partecipazione e i dibattiti a scuola sono l’elemento che più manca ai ragazzi, che oggi si ritrovano in DAD, secondo Martina, 16 anni, il primo lock-down è stato peggiore, gradualmente ci siamo abituati a questa situazione ma “andare a scuola nel 2021 significa accendere il computer e stare davanti ad uno schermo, con la consapevolezza che non potremo più recuperare il tempo perso”. Allo stesso modo la pensa Giovanni, 18 anni, che sta vivendo l’ultimo anno di scuola nella maniera peggiore, persno l’estate che dovrebbe essere all’insegna della libertà più assoluta, può rivelarsi anche fonte di ansie per il futuro: “Se prima della pandemia avevo più o meno in mente cosa fare ,anche grazie all’alternanza scuola-lavoro, ora non ne sono più cosi sicuro, e gli orientamenti on-line delle università non aiutano la mia scelta”.
Questa situazione non è stata per tutti un incubo totale, Eleonora, 20 anni, ha raccontato come nonostante le difficoltà inziali sia riuscita ad inserirsi molto bene nell’ambiente universitario, sia con i compagni di corso che con i professori. La pandemia però ha posto i giovani davanti ad una grande sfida: se nel fiore dei tuoi 20 anni i rapporti sociali e le esperienze sono limitate, cosa ti rimane? Giada, 21 anni, spiega come il covid ha portato- e continua a portarsi via- una fetta molto importante delle sua vita “spesso mio padre racconta le sue avventure giovanili e ogni volta mi viene da pensare che un domani non avrò molto da raccontare ai miei figli. Inoltre, l’impossibilità di divertirsi con i propri amici, viaggiare e fare nuove esperienze, tende a farci vivere nelle nostre menti invece che nella realtà. E’ più di un anno che viviamo nell’incertezza a tal punto che essa è diventata la nuova normalità”.
Arianna Campolo