“Non possiamo non essere e non dirci antifascisti poiché, che lo vogliamo o no, siamo figli di una Costituzione che costitutivamente è antifascista”. Roberto Bondì insegna Storia della Filosofia all’Università della Calabria ed è uno dei 23 docenti di Studi Umanistici che ha aderito al ciclo di seminari organizzato dal Dipartimento in vista della giornata del 25 Aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo.
Il tema è quantomai attuale, considerato che il panorama politico nel quale ci troviamo è intriso di ideali che sembravano superati ed invece si rifanno chiaramente al regime. Parliamo di ministri e sottosegretari che simpatizzano apertamente con il disciolto partito fascista, nonostante abbiano prestato un giuramento, ovvero quello di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione che ne vieta la riorganizzazione.
Nel suo incontro con gli studenti mercoledì scorso Bondì ha ripercorso la parabola di Norberto Bobbio, fondamentale per capire la storia che riguarda e ha riguardato molti italiani. Le vicende sono note: durante gli anni ’30, a ventisei anni, Bobbio finisce in prigione a causa di amicizie con persone che avevano manifestato in modo esplicito il loro antifascismo. Il ragazzo viene messo talmente sotto pressione che decide di scrivere una lettera all’allora capo del Governo Benito Mussolini. Nella lettera esalta la sua estrema lealtà al fascismo e giustifica l’amicizia con quei ragazzi considerandoli dei semplici compagni di studi. Soprattutto, si dichiara profondamente offeso a causa della sua “coscienza fascista” colpita fortemente da quelle accuse.
Quel ragazzo era figlio del mondo che lo circondava e dell’influenza che quel periodo storico aveva su di lui, eppure, appena aveva cominciato a ragionare autonomamente, aveva saputo riconoscere quei falsi ideali che con prepotenza si erano insediati all’interno della sua famiglia. Ed è proprio grazie agli studi e alla dedizione dei suoi professori che Bobbio muta il suo pensiero, così come oggi tanti giovani hanno la possibilità di comprendere l’importanza del 25 Aprile grazie all’istruzione, alla scuola e all’università.
“Il 25 aprile è la festa di chi ha avuto il coraggio ma anche di chi non lo ha avuto. Sicuramente non è la festa di chi viene a raccontarci che è l’ora di dimenticarci di quello che è stato perché non ha più valore” sostiene Bondì all’apertura di un piccolo dibattito finale. Nel rispondere a quanti chiedono soluzioni per “non dimenticare”, il docente si rivolge ai probabili futuri insegnanti, detentori di un potere immenso: “potete formare delle menti pensanti, ma non è semplice, siamo immersi da un’ondata di revisionismo storico. La soluzione non c’è – conclude – ma ci possono essere timide speranze, ed una di queste è continuare a parlarne come abbiamo fatto oggi”.
I seminari sulla Resistenza e la Liberazione, partiti il 17 aprile, proseguiranno fino al 24 e sono rivolti agli studenti dei corsi e a chiunque voglia partecipare a questi importanti momenti di memoria e riflessione, passata e presente. Qui il link per accedere al programma completo.
Francesca Lanzo