Il 4 marzo si vota per il rinnovo del Parlamento italiano. Fra gli studenti dell’Unical c’è chi voterà per la prima volta alla Camera, chi ha già compiuto 25 anni voterà sia alla Camera che al Senato. La confusione regna sovrana mista al disinteresse e alla disillusione, soprattutto al Sud, dove l’esito del voto è più incerto (la contesa nei sondaggi è fra centrodestra e Cinquestelle) e quindi determinante.
Come si vota. Si può votare in tre modi: croce sul simbolo del partito, croce sul candidato uninominale, doppia croce su simbolo e candidato uninominale corrispondente. Votando il partito, il voto è esteso in automatico al candidato uninominale e al listino proporzionale, votando invece solo il candidato uninominale, il voto viene ripartito fra tutte le liste dell’eventuale coalizione.
Come si elegge. Essendo un sistema misto, un terzo dei parlamentari, pari al 34%, si elegge nei collegi uninominali con il metodo maggioritario, mentre due terzi, pari al 66%, si elegge nei collegi plurinominali con il metodo proporzionale. Ciò significa che dei venti deputati calabresi, 8 saranno eletti con l’uninominale secco, e 12 verranno fuori dai listini bloccati; mentre dei 10 senatori, 4 verranno dall’uninominale e 6 dai listini bloccati.
Il sistema elettorale con cui andremo a votare, il cosiddetto Rosatellum, è di difficile comprensione, non solo per chi si appresta a votare per la prima volta. Per questo abbiamo chiesto ad un esperto di sistemi elettorali, Walter Nocito, docente di Diritto Pubblico (nella foto), di aiutarci a capire meglio come funziona, quali sono i meccanismi, cosa aspettarci dal voto.
Prima considerazione sul futuro Parlamento: ci sarà differenza di peso politico fra nord e sud del Paese?
I seggi al Sud sono diminuiti rispetto all’ultimo turno elettorale perché la popolazione è diminuita. Al nord invece, economicamente e demograficamente più ricco, i seggi sono aumentati. I seggi si attribuiscono in prima battuta alle circoscrizioni, calcolate sul numero di abitanti. In Italia ci sono 28 circoscrizioni, più o meno una ogni regione, tranne le grandi regioni come la Lombardia, che ne hanno più di una: la Lombardia conta quattro circoscrizioni, la Calabria una. La Calabria elegge 30 parlamentari su 945, di cui 20 deputati e 10 senatori, tanto valiamo come peso politico. Il Parlamento insomma sarà espressione del nord Italia ed in particolare del centrodestra del nord.
Sarà determinante anche la scarsità di risorse finanziarie per le liste?
Questo è un problema non della legislazione elettorale ma della legislazione di contorno, cioè il finanziamento della politica. Dal 2012 la legge non ammette più rimborsi in base ai voti conseguiti alle elezioni perché ha eliminato i rimborsi. Quest’anno per la prima volta quasi tutte le liste, tranne le più ideologiche, hanno chiesto soldi ai candidati, si va da tariffe di 15/20 mila euro per il PD alle tariffe di 40/50 mila nel centrodestra. Avendo più chance di vincere con il centrodestra l’investimento vale di più, tant’è che sono aumentati gli imprenditori nelle liste, anche da noi in verità.
Ma i collegi non dovrebbero servire a dare rappresentanza al territorio?
In Calabria i collegi uninominali alla Camera sono otto e contano 250/300 mila abitanti mentre nei quattro collegi uninominali del Senato gli abitanti sono il doppio: si tratta di una politica dei collegi che per la loro vastità non rispecchia il contatto con il territorio. Nella legge Mattarella del 1993 la situazione era invertita, si parlava di politica delle città e delle aree urbane perché i collegi erano di 100/120 mila abitanti e i candidati erano diretta espressione del territorio, adesso non è più così. Anche per questo motivo l’elezione nell’uninominale è così incerta, tant’è che molti candidati uninominali hanno anche il paracadute del proporzionale.
Le famose “pluricandidature”, non dovevano essere abolite?
Esatto. La legge Rosatellum permette le pluricandidature, che insieme al voto bloccato, sarà uno dei punti più discussi anche in sede di esame da parte della Corte. Le pluricandidature sono state ridotte rispetto al Porcellum, ma sono rimaste, e questo ha provocato un accentramento nella formazione delle liste.
Anche il voto bloccato doveva essere abolito. Invece?
Invece non è ammesso il voto disgiunto. Chi si candida in una coalizione ad esempio si trova necessariamente collegato ex lege agli altri candidati dei listini compresi nella coalizione, ma soprattutto al candidato uninominale. Quindi in una lista ci possono essere soggetti che hanno un indirizzo politico anche molto diverso dal candidato maggioritario. Un esempio estremo è un candidato antiproibizionista della lista Bonino collegato ad un candidato antiabortista della lista Lorenzin.
Ma una coalizione non si forma su un programma elettorale?
Le coalizioni sono temporanee, utili solo a sfavorire i 5 stelle, ma si scioglieranno dopo il 4 marzo. Tant’è vero che esistono i programmi elettorali di ciascuna lista, ma non esistono i programmi elettorali dei candidati maggioritari, i quali sono solo dei beneficiati delle segreterie nazionali dei partiti, frutto degli accordi fra le “quattro gambe” di Berlusconi e le “quattro gambe” di Renzi. Non esiste alcun obbligo di natura politica fra i programmi delle liste e il soggetto eletto con l’uninominale. Il sistema è fintamente maggioritario, sostanzialmente è proporzionale con uno spazio per il 66% di soggetti eletti sulla base di un programma e di un 34% di soggetti eletti senza un programma elettorale.
Battitori liberi insomma…
Questo è un assurdo che ad avviso di molti costituzionalisti rompe non il vincolo di mandato, che non c’è, ma il concetto di responsabilità politica. Il meccanismo vero di formazione democratica della volontà nazionale si farà con i gruppi, cioè i gruppi si organizzeranno a prescindere dal dato elettorale, perché gli eletti potranno non rispettare il vincolo con le coalizioni che li hanno mandati in parlamento e decidere liberamente a quale gruppo aderire. La legge ha creato l’incentivo coalizionale ma non il vincolo coalizionale, che è l’esatto contrario di ogni sistema maggioritario vero.
Detto così, sembra che le coalizioni siano solo una farsa.
Questa legge crea un serio problema di annichilimento della volontà politica e del voto, perché introduce due soglie: il 3% per l’attribuzione dei seggi, che si calcola su base nazionale e poi su base circoscrizionale. Questa soglia, che è bassa rispetto ad altri paesi, non incentiva le coalizioni, perché una lista che pensa di ottenere il 3,1% può aver accesso in parlamento, mentre coalizzandosi, dovrebbe superare insieme agli altri il 10%. L’altra soglia, che non c’era mai stata, è quella dell’1% che non consente di avere dei seggi, ma consente di attribuirli ai partiti della coalizione che superano il 3%, evitando che i voti vadano dispersi. Questa è una norma truffa, perché incentiva a coalizzarsi, ma crea anche competizione all’interno della coalizione, come nel caso della lista +Europa che superando il 3% ruba eletti al Partito Democratico.
Per arginare il centrodestra dato per vincente, è utile votare centrosinistra o Cinquestelle? O non vale neanche il “voto utile”?
Con questa legge non c’è un vincitore, ci sono i gruppi parlamentari che si formano sui risultati casualmente distribuiti fra le singole liste, con un 30% di personaggi che sceglieranno dopo che vincolo darsi. Il voto utile serve in un sistema maggioritario, in cui c’è nettamente un vincitore e un perdente, e c’è un’aggregazione o bipartitica o bipolare, com’è stata l’Italia del 2008 ma soprattutto l’Italia del 2006 e del 1996, lì c’era la logica bipolare o bipartitica, adesso PD e Forza Italia insieme non fanno il 35%. La legge non attribuisce neanche un premio di maggioranza, quindi la teoria del voto utile è un imbroglio linguistico.
Quali sono le previsioni in Calabria?
Tutti i centri di politologia elettorale, come il Cattaneo o il Cise-Luiss di Roma, hanno anticipato gli esiti dei collegi uninominali. In Calabria su 8, due sono assegnati con ampio margine al centrodestra, Gioia e Vibo, uno viene attribuito ai 5stelle e corrisponde al collegio di Cosenza, uno al centrosinistra, lo Jonio cosentino, mentre gli altri 4 sono oscillanti fra 5stelle e centrodestra. Sul Senato il Cise attribuisce invece tutti e 4 i collegi al centrodestra. La Calabria non è grillina, nonostante i 5stelle vincano in tutto il Sud.
La metà dei seggi è oscillante: mi pare di capire che regna l’incertezza…
In tutto il Paese, dei 231 collegi uninominali camerali, 80/90 sono oscillanti fra centrodestra, 5stelle e in misura minore centrosinistra, si potrebbero anche determinare dei gruppi parlamentari sostanzialmente equivalenti. Questa è la grande novità di queste elezioni: il sistema non crea una maggioranza prefissata prima delle urne e nelle urne, ma la maggioranza si compone dopo.
Perché mai dovremmo andare a votare allora, se determiniamo così poco e i giochi si faranno dopo il 4 marzo?
Il Parlamento è un organo necessario. Chi ha un approccio antisistema può votare liste più radicali, chi ha un atteggiamento pro sistema vota le liste più centrali. Il problema è l’inganno del centrodestra, che sta giocando due ruoli in commedia, il sistema e l’antisistema, con l’azionista di maggioranza tutto da verificare tra Berlusconi e Salvini. Per quanto l’adesione al voto sarà molto bassa, è comunque utile a segnalare una continuità del sistema o un suo radicale cambiamento. Da oltre dieci anni, il voto è questo in Italia: sistema o antisistema.
Daniela Ielasi