“Quando penso e parlo di me come filosofo, non posso non sentire le parole di Immanuel Kant nella Critica della ragion pura, laddove il grande filosofo diceva essere vana gloria qualificare se stessi come tali”. Con queste parole cariche di modestia Vito Mancuso, laureato ad honorem in Giurisprudenza all’Unical, ha aperto la sua lectio magistralis “Sulla giustizia e sulla natura del mondo”, durante la cerimonia di conferimento. Lo studioso, conosciuto e riconosciuto teologo, si è per molto tempo soffermato a riflettere sul rapporto che effettivamente sussiste tra la natura e il diritto, chiedendosi se l’elaborazione culturale espressa nella Costituzione Italiana sia in conformità con la natura, se contribuisca a potenziarla, o se, al contrario, ne rappresenti l’antitesi.
La particolare natura del genere umano, intrisa di ragione e caos, secondo Mancuso, qualifica l’uomo come una creatura ambigua, capace di generare cultura, bellezza, senso dell’etica e del diritto e allo stesso tempo come la specie più aggressiva e violenta del pianeta, capace di scagliarsi mortalmente contro i propri simili. Per questo motivo, gli uomini sono alla costante ricerca di un punto di equilibrio, rappresentato dalla giustizia, la cui elaborazione è proprio il diritto; ma questa ambiguità connaturata, ha spiegato il professore, rappresenta l’inizio di una storia che può essere interpretata come un’evoluzione verso una cultura dei diritti umani o come la crescita di una violenza che prima o poi ci porterà all’autodistruzione. Per il teologo è tuttavia sbagliato considerare la guerra e il conflitto “naturali”: sebbene facciano parte della natura, quest’ultima si basa infatti sulla logica dell’armonia e dell’aggregazione. Un’armonia che spinge anche gli esseri umani verso “una luce più grande, che prende nomi diversi a seconda della propria visione del mondo”, una luce che consente di superare i limiti dell’uomo per garantire una giustizia superiore e collettiva.
Il professore Enrico Caterini, nella Laudatio, ha definito Vito Mancuso un teologo-eretico e un filosofo-confessionale, un uomo di fede studioso dell’idealismo, sottolineando che ciò che lega il giurista al teologo, al filosofo, allo scienziato è la ricerca di una verità che unisca la legge della natura con il libero arbitrio del volere e della ragione dell’uomo, senza intaccare l’essenza della dignità umana. Questa verità risiede nella dignità dell’uomo che ha il dovere di curare, finché può, il suo prossimo, il presente e il futuro. Solo questo atteggiamento può rendere una norma giusta nei confronti della dignità umana, e le letture delle ricerche di Mancuso contribuiscono a fornire il materiale necessario per la formazione di una tale norma. Per tale motivo, il meritato riconoscimento attribuito al dottore, afferma Caterini, ha una valenza pedagogica per la professione del giurista moderno, il quale deve essere maggiormente educato all’ascolto e alla comprensione di altri linguaggi e discipline.
Maria Francesca Papa