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Unical fase 2, gli scenari possibili dopo il 3 maggio

La chiusura dell’Università della Calabria è stata prorogata per decreto rettorale il 14 aprile scorso. In linea con le direttive governative, il lock down è confermato fino al 3 maggio con le stesse modalità attuate sino ad oggi.

Ma cosa succederà a partire dal 4 maggio? Mentre in tutta Italia si ragiona sulla “fase 2”, e le scuole sembrano ormai destinate a riaprire le porte solo a settembre, per le università si prefigurano scenari diversi. Potrebbero infatti riaprire da subito studi, uffici, laboratori, biblioteche, spazi studio e residenze, naturalmente garantendo il massimo rispetto delle norme di sicurezza. Almeno questo è l’orientamento del Ministro dell’Università Gaetano Manfredi, che ha inviato al Cun, alla Crui e agli studenti un’idea di cronoprogramma per le fasi 2 e 3, lasciando ai singoli atenei l’autonomia di scegliere tempi e modi per un lento e graduale ritorno alla normalità.

Le parole chiave utilizzate nella bozza del Ministro sono “sicurezza, flessibilità, specificità, autonomia”: in base alla collocazione geografica e al maggiore/minore rischio di contagio presente nella Regione di appartenenza, le università programmeranno insomma il proprio percorso di riapertura, prevedendo anche una certa flessibilità, in modo da potersi adeguare all’evoluzione della situazione sanitaria. Una fase delicatissima insomma, in cui le governance saranno chiamate a misurarsi con coraggio ma anche e soprattutto con la propria capacità organizzativa e gestionale.

L’Università della Calabria, forte di 11mila mascherine donate dai colleghi cinesi e con l’autoproduzione di igienizzante per le mani, adottate le misure relative al distanziamento, potrebbe essere pronta ad affrontare il post lock down già dai primi di maggio. In particolare, seguendo i suggerimenti del Ministero e fino al mese di agosto, potrebbe disporre, oltre alle riaperture già citate, una modalità mista (a distanza e in remoto) per alcune attività: esami e lauree, ad esempio, potrebbero tornare in presenza nel mese di luglio. In modalità mista si potrebbero riprendere anche le attività amministrative e i tirocini, mentre i laboratori didattici obbligatori si potrebbero attivare in presenza da subito.

Da settembre invece si aprirebbe la fase 3, le cose migliorerebbero ma non di molto, almeno fino a gennaio 2021. Le lezioni frontali dovranno prevedere una modalità mista di erogazione, anche per andare incontro ai fuorisede, soprattutto studenti internazionali. Potrebbero infatti non arrivare, almeno non ad inizio anno accademico, i nuovi studenti internazionali. Così come potrebbero non rientrare coloro che torneranno per l’estate nei Paesi d’origine: per loro dovrà essere garantita la didattica a distanza. E a distanza sarebbero pure i corsi erogati dai docenti pendolari, limitati negli spostamenti.

Le prospettive non sono rosee, specie per un ateneo come quello di Arcavacata, che faceva del Campus uno dei suoi massimi punti di forza. Per quanto la governance stia cercando di andare incontro alle famiglie, la crisi si ripercuoterà inevitabilmente sulle immatricolazioni del prossimo anno oltre che sulla vita sociale di un Campus già moribondo. Le ricadute economiche si vedono già, anche sul territorio, sugli affitti privati e sui trasporti, e si aggraveranno nel momento in cui la presenza alle lezioni non sarà più obbligatoria.

Intanto c’è comunque da investire e attrezzarsi, come suggerisce la bozza ministeriale, per “un’offerta didattica “blended”, sia in presenza che in telepresenza, con modalità sincrona e/o asincrona; un piano di accesso agli spazi e di uso di dispositivi di protezione individuale, in grado di garantire i livelli di sicurezza necessari; il potenziamento delle infrastrutture digitale degli atenei, in termini di dotazione delle aule di connettività della rete e di organizzazione interna; un piano di completa dematerializzazione dei procedimenti amministrativi e la formazione del personale tecnico-amministrativo”.

Il Ministro attende adesso i pareri degli organi collegiali entro il 19 aprile. Riaprire gradualmente le università è un gesto fondamentale per il Paese, perché è nelle università che cresce non solo la ricerca scientifica, ma anche la coscienza civica dei giovani: questo bisognerà ricordarlo soprattutto a emergenza finita.

Daniela Ielasi

FaC

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