Da ieri pomeriggio un nutrito gruppo di manifestanti si è accampato nei giardini antistanti il Rettorato dell’Università della Calabria per solidarizzare con i palestinesi. Vogliono sollecitare in modo pacifico gli organi d’ateneo a condannare senza giri di parole le violenze sioniste, riconoscere le corresponsabilità delle istituzioni occidentali nel genocidio in corso, promuovere la formulazione di nuove leggi nello Statuto d’Ateneo che vietino qualsiasi forma di collaborazione orientata allo sviluppo del compartimento militare tra l’Unical, le università israeliane e le società interessate nell’industria bellica come la Leonardo S.P.A. o la Beretta.
All’Unical come altrove nel mondo, da quando gli avvenimenti recenti hanno richiamato l’attenzione internazionale sull’Europa Orientale e il Medio Oriente, la politica è ritornata ad essere un argomento di forte interesse per le nuove generazioni. Su esempio delle altre manifestazioni promosse ovunque in America ed Europa, il Campus è stato riempito con striscioni e installazioni artistiche con cui senza mezzi termini si accusa Israele di atti genocidari. Vicino alle tende è stato allestito un infopoint che dimostra gli orrori di cui si sono macchiati i militari e i coloni sionisti.
In questi mesi di mobilitazioni costanti per spronare al raggiungimento di soluzioni politiche valide alle crisi internazionali, la moltitudine di sensibilità che compongono l’ampio movimento studentesco che si oppone al proseguimento dei conflitti, ha messo in luce come il modello aziendale a cui si ispirano le università occidentali sia funzionale all’economia di guerra. Una maggioranza compatta di membri del mondo accademico sta lavorando da mesi per opporsi in modo coordinato ad un sistema che da decenni sta attaccando il diritto allo studio, per ragioni dovute alla precarizzazione e alla privatizzazione dei servizi, mentre assicura forza lavoro altamente specializzata e guadagni miliardari alle società interessate nella fabbricazione e vendita di tecnologie militari.
La protesta organizzata da “Unical Per La Palestina” culminerà in un’assemblea d’ateneo il 28 maggio, per promuovere un momento di riflessione collettiva su questi temi con tutte le componenti dell’università. L’assemblea generale è un evento che da più di un decennio è stato dimenticato, impedito dalle varie governance che nel tempo si sono successe, come se l’università-azienda avesse timore del dissenso e del libero pensiero. Ben venga allora che si manifesti la volontà di rimettere per qualche ora le aule del potere alle disposizioni dirette di chiunque viva l’ateneo, un importante evento che costituzionalmente rappresenta il momento di più alto spessore democratico nella vita universitaria.
Bruno Vavalà