POLITICA

Cosenza, Rende e Castrolibero, seminario all’Unical sulla fusione dei comuni

L’unione dei comuni è un tema molto caldo e dibattuto: c’è chi afferma che sarebbe un danno al territorio dal punto di vista economico e politico, altri che invece sostengono l’esatto contrario. Su una cosa però sembrano concordare tutti: occorre maggiore informazione e coinvolgimento dei cittadini. Per questo motivo, lo scorso 15 novembre, si è tenuto un seminario all’Università della Calabria organizzato dalla Scuola Superiore di Scienza delle Amministrazioni Pubbliche, con una tavola rotonda su “Fusioni in Calabria e Città unica di Cosenza” a cui hanno preso parte diversi docenti Unical (Giovanni Maria Caruso, Daniele D’Alessandro, Guerino D’Ignazio, Donatella Loprieno, Greta Massa Gallerano, Alessandro Mazzitelli, Maria Teresa Nardo, Walter Nocito, Danilo Pappano nonché la presidente regionale ANCI e sindaca di San Giovanni in Fiore Rosaria Succurro.

Una delle problematiche principali è la situazione economica di default in cui si trova Cosenza, che dovrebbe essere il comune leader della fusione a tre con Rende e Catrolibero, ma non solo. Rende è commissariata per mafia, mentre Castrolibero ha una giunta comunale fresca di elezione. Le circostanze in cui si trovano i tre comuni, dunque, rischiano di creare un mix letale che apporrebbe più difficoltà che benefici. “Io sono per la fusione tra i comuni ma sono molto contrario al caso di Cosenza”, ha dichiarato Guerino D’Ignazio, docente di Diritto Pubblico Comparato. A sostegno di questa affermazione, il professore ha portato gli esempi di altre fusioni, come il caso di Lamezia Terme – risalente al 1988 – e quello più recente di Corigliano-Rossano, in seguito al quale Corigliano si è trovata nella posizione di dover sanare il bilancio rossanese. 

“Nel nostro territorio c’è un problema oggettivo di sottosviluppo economico – afferma Maria Teresa Nardo, docente di Economia Aziendale, di diverso avviso rispetto ai colleghi –, quindi perché non ragionare sui vantaggi che potrebbe avere questa fusione?”. I vantaggi potrebbero essere innanzitutto economici e di bilancio, proprio per gli Enti con dichiarazione formale di dissesto. Le politiche di bilancio verso le autonomie locali stanno cambiando, ci sono risorse specifiche per situazioni specifiche e in questa nuova ottica, la fusione potrebbe garantire risorse straordinarie per uscire dalla crisi. Pensiamo ad alcuni settori come i trasporti: l’integrazione dei servizi potrebbe generare una rinascita economica e di conseguenza una maggiore attrattività del territorio per nuovi investitori.

“L’approccio che stiamo seguendo in Calabria – afferma Daniele D’Alessandro, docente di Diritto Amministrativo – è un approccio da democrazia illiberale” e cioè di una democrazia che non coinvolge la popolazione. Il vero problema, aldilà dei favorevoli e dei contrari, sta proprio nella consapevolezza dei cittadini: non basterà insomma una legge regionale a creare una nuova identità comune.

Raffaele Ammenda

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