Lo studente dell’Unical che ha scelto di dedicarsi, tra le altre lingue, anche allo studio della Lingua e letteratura romena, si sarà sentito porre spesso una domanda dal sorpreso interlocutore: “Perché romeno?!”. Nel senso comune infatti, la considerazione dei romeni, del loro paese e della loro cultura, non è delle migliori. Anche a causa dei media, l’immigrato romeno in Italia, negli anni è divenuto responsabile, secondo la teoria del capro espiatorio, di qualsiasi crimine o misfatto. L’immagine costruita, estremamente negativa, è passata anche in chi non conosceva realmente la Romania. Studiare romeno risulta quindi, agli occhi di chi ne ignora la bellezza e l’importanza, inusuale o quantomeno curioso. Al contrario, per gli studenti che hanno avuto la fortuna di conoscerne la cultura, il suo studio si è rivelato assolutamente appassionante e coinvolgente.
Il corso di Lingua e Letteratura Romena è presente all’Università della Calabria da oltre dieci anni. Il ruolo fondamentale per la sua crescita e sviluppo l’ha svolto la prof.ssa Gisèle Vanhese, con l’inserimento di importanti autori romeni nel programma di Letterature comparate, che ha permesso ai ragazzi non iscritti ai corsi di romeno di conoscerli. Uno di quei ragazzi si è talmente appassionato alla tradizione folklorica e alla lingua del paese, da dedicarsi interamente al suo studio, prima all’Unical e poi all’Università di Bucarest. È Danilo De Salazar (nella foto), docente della disciplina sia per la laurea triennale che per la magistrale. Oltre a svolgere la propria attività di docenza e ricerca presso la Cattedra di Lingua e Letteratura Romena, è membro del Larir, Laboratorio di Ricerca sull’Immaginario e sulla Retorica, oltre che di numerose associazioni e centri di eccellenza nel campo della letteratura e della traduttologia, sia in Italia che all’estero. È autore di numerosi articoli apparsi in riviste scientifiche internazionali.
Professore, innanzitutto, come si può venire fuori dai pregiudizi riguardanti la Romania e la sua cultura?
È importante il fatto che ci sia un corso di Lingua e letteratura romena per cominciare, e soprattutto per mettere in contatto due culture attraverso lo studio della lingua e della letteratura. Questo fenomeno di commistione culturale è sicuramente produttivo, in quanto crea apertura di orizzonti e di pensiero. Si può comprendere la ricchezza culturale e letteraria di un paese che è meno distante da noi di quanto si creda. Tra l’altro, il livello dell’università in Romania è molto alto e questo penso possa aiutare a scardinare un altro pregiudizio, poiché è diffuso il sentimento secondo il quale le università in Romania (come quelle del Sud) possano essere qualitativamente inferiori.
Per quanto riguarda i corsi di Romeno all’Unical, sembra stia crescendo il numero degli studenti di lingua e traduzione, nonché di letteratura. Può tracciare un bilancio?
Il bilancio è molto positivo, essendo un corso relativamente giovane siamo molto felici sia per quanto riguarda l’aspetto linguistico, del quale mi sto occupando personalmente, sia per quanto riguarda la letteratura. Siamo partiti con pochi ragazzi, mentre ora ne abbiamo una quarantina circa. Notiamo che c’è una risposta forte, che non era scontata. Su altre lingue si può avere la sicurezza che ci sarà un certo numero di iscritti, mentre su lingue che non sono così diffuse a volte c’è una certa riserva, una sorta di riluttanza anche da parte degli studenti.
Quali potrebbero essere gli sbocchi professionali per i ragazzi che studiano romeno?
Da un punto di vista prettamente materiale, è importante rimarcare che la Romania è tra i primi partner commerciali dell’Italia, l’import-export è all’ordine del giorno. C’è una grande richiesta di traduttori e di interpreti anche in ambito tecnico-scientifico oltre che letterario. Inoltre può essere un vantaggio studiare bene una lingua che non esiste in tutte le università, non accessibile a tutti. Ciò crea certamente delle possibilità in più.
Per chi non conoscesse la cultura romena, sarebbe possibile indicarne brevemente gli aspetti principali della lingua e della letteratura?
In maniera generale potremmo dire che lo studio della lingua, per alcuni aspetti, rivela una vicinanza con l’italiano e con i dialetti meridionali che molti neppure immaginano. La letteratura, invece, seppur relativamente giovane rispetto ad altre letterature europee, è riuscita non solo a recuperare tale scarto, bensì si è rivelata una delle più vitali e innovative nel panorama internazionale. Spesso viene dimenticato il ruolo fondamentale giocato dalla Romania per lo sviluppo delle avanguardie artistico-letterarie del secolo scorso, basti pensare al movimento Dada, e non solo.
Tra le varie attività che svolge, lei scrive articoli sulla letteratura romena di migrazione in ottica multiculturalista. Esiste un collegamento con il tema della migrazione oggi?
Certo, il tema è sempre attinente con il cambiamento a cui stiamo assistendo oggi, anche le opere letterarie degli ultimi anni sono un prodotto del melting pot culturale, di confini che esistono solo sulle carte geografiche. Credo che ormai non si possa più ragionare soltanto circoscrivendo le letterature all’interno di questi confini. Si deve necessariamente andare oltre e cercare di comprendere che se la nostra lingua materna è un’ancora, la parte più profonda di noi stessi, lo scrittore è una nave che si sposta nei vari paesi per le più diverse esigenze. Non dobbiamo restare immobili. La mobilità determina un arricchimento sia personale che sociale. Non possiamo porre barriere, siano esse fisiche o culturali. Già da quando si è bambini, la barriera è un qualcosa che si vuole scavalcare, in qualsiasi luogo, perché disturba. Perché dovremmo continuare a erigere muri e barriere? Anche noi calabresi siamo il prodotto di un mix culturale.
Luigi Pullano




