CULTURA UNIVERSITÀ Zoom

Il Sessantotto 50 anni dopo, la lezione di Franco Piperno

Franco Piperno oltre che docente di Fisica presso l’Unical è stato un protagonista del movimento studentesco e uno dei più famosi leader del Sessantotto romano, nonché fondatore di Potere Operaio. In occasione del cinquantesimo anniversario del ’68, è stato invitato a chiudere un ciclo di lezioni seminariali proposte agli studenti del corso magistrale in Scienze Storiche, dalle docenti Marta Petrusewicz e Katia Massara.
Il professore ha ripercorso le origini della contestazione giovanile, “preceduta dall’emigrazione degli anni ’50, che aveva portato i meridionali a lavorare nelle fabbriche del nord Italia”. Negli anni Sessanta, le assemblee degli operai, mediamente più istruiti rispetto alla generazione precedente, si incontrano con la componente studentesca del ’68 italiano. Entrambe le componenti appartenevano alla generazione del baby boom, ma quel momento di benessere non veniva percepito come tale. Nella protesta emergeva piuttosto la critica al dominio del tempo moderno, un tempo in cui le fabbriche scandivano i rirmi della giornata e in cui si guardava al progresso e allo sviluppo industriale come l’unica strada verso un futuro senza miseria. E’ in questo contesto che irrompe la vita di queste nuove generazioni che, invece, mirano alla valorizzazione del presente e che “vogliono tutto, e subito!”, come recitava un famoso slogan .
Per Piperno una cosa è certa: il ’68 è stato sconfitto dalle grandi imprese capitalistiche, come la FIAT, che sono riuscite a ristabilire il controllo della situazione all’interno delle fabbriche. In particolare “la rottura non è avvenuta con la lotta armata – afferma Piperno – e nemmeno con il rapimento Moro, ma con la crisi petrolifera del ‘73”. Quest’ultima diede il via ad un’ondata di licenziamenti, dimezzando il numero di operai nelle fabbriche, il che ha comportato uno spostamento della lotta sul territorio tramite, ad esempio, l’occupazione delle case. La crisi del ’73 ha determinato una radicalizzazione della lotta che ha contribuito a produrre una violenza più diffusa ed accentuata rispetto a quella degli anni precedenti. Un tipo di violenza inizialmente aperta, non clandestina, utilizzata per difendere le conquiste sul territorio, non militarizzata. La situazione precipita a partire dal 1977 in quanto, spiega Piperno, “subentra un errore tragico da parte delle Brigate Rosse, ormai promotrici di una guerra civile che sposta lo scontro al di là del terreno su cui era cresciuto”, ovvero quello della violenza sociale non quello della violenza specializzata. “Probabilmente – conclude – sarebbe stato ragionevole ritirarsi a partire dal ‘74”.
Molti spunti per il dibattito con gli studenti a fine incontro sono sono venuti anche dal libro di Franco Piperno, “’68: l’anno che ritorna” (Rizzoli, 2008), che opera un bilancio politico, culturale, e sociale di una stagione vissuta in primo piano dal protagonista, e nel quale sono raccolti aneddoti e riflessioni sul carattere globale di un periodo che ha cambiato radicalmente il tessuto sociale dell’Italia. Il testo rappresenta, soprattutto, il sogno infranto di giovinezza e rivoluzione di chi, come l’autore, si è schierato “fin dall’inizio, dalla parte del torto, non tanto per scelta quanto per sorte, dal momento che dalla parte della ragione i posti, allora, erano tutti esauriti”.

Maria Francesca Papa

(foto repertorio)

FaC

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