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Lotto Marzo all’Unical, corteo e assemblea per i diritti delle donne e non solo

Fumogeni rosa, striscioni e cori che riecheggiano lungo il ponte Pietro Bucci: così si “festeggia” l’8 marzo all’Unical. Un corteo formato da studenti e studentesse, con l’adesione di qualche docente, ha sfilato ieri pomeriggio lungo il percorso che porta dalle pensiline fino al Rettorato. “Oggi l’Unical è tutta transfemminista – hanno dichiarato le organizzatrici di Praxis Unical, Collettiva Medusa e Fem.in – non è un giorno di festa, per ricevere sconti bellezza e entrate gratis nei locali. E’ un giorno per fare ancora più rumore e riprenderci quegli spazi che questo sistema machista, neoliberista e patriarcale, ci ha tolto”.
Proprio alla vigilia della Giornata Internazionale dei diritti delle donne, in Calabria si è consumato l’ennesimo femminicidio, perché chi uccide, abusa, denigra e lucra su una donna e ai danni di una donna non si ferma mai. Ed è per questo motivo, affermano le studentesse presenti al corteo, che è necessario ribellarsi a quel sistema economico fatto di sfruttamento e iperproduttività che ingabbia le donne in una duplice violenza: maschile ed economica-istituzionale.

Il corteo aperto a tutti, si è poi trasformato in un’assemblea sotto la sede del Rettorato, per parlare di maternità tossica, riappropriazione del proprio corpo, condizione invisibile degli studenti, situazione meridionale e condizione dei migranti. La necessità di riappropriarsi del proprio corpo e della propria sessualità, garantendo il libero accesso all’aborto, ai metodi contracettivi e all’educazione sessuoaffettiva nelle scuole, ma anche la critica al sistema che costringe le donne (e le autoconvince) a partorire con dolore, perché è solo attraverso il dolore che possono raggiungere lo status di madri modello: questi sono stati i punti cardine di molti interventi durante il corso dell’assemblea.
“L’obiezione di coscienza da parte dei medici e del personale sanitario all’interno dei consultori degli ospedali e delle farmacie restituisce al corpo delle donne il solo fine riproduttivo -spiegano le attiviste- limitando l’accesso ad un aborto sicuro e garantito, perché la legge 194 è la stessa legge che legittima l’obiezione di coscienza”. Più volte è stato ribadito negli interventi che “è violenza tutto ciò che si fa spazio nell’ambito sessuale e riproduttivo come la mancanza di una medicina generale che risponde ai bisogni delle persone trans e non binarie”.

L’attenzione viene anche posta sulla questione meridionale, strettamente legata al femminismo: i dati ci riportano che una donna su tre nel Sud Italia resta a casa, ciò significa che sarà più a rischio violenza perché non economicamente indipendente dal partner. Gli intervenuti ricordano inoltre le donne vittime della strage di Cutro, perché spostarsi in sicurezza per cercare un futuro migliore per se stessi e per i propri figli è un diritto degli esseri umani, non un privilegio. Infine, c’è chi racconta come violenza anche la condizione invisibile di molti studenti, costretti da un sistema scolastico, universitario e lavorativo ad una continua competizione individuale e ad un forte senso di inadeguatezza. “Il crescente numero dei suicidi dovrebbe far riflettere su quanto questo modello sociale ignori completamente le necessità economiche, sanitarie e psicologiche di migliaia di studenti”.

Domenica Zito

FaC

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