La conferenza stampa sull’imbroglio del Parco Acquatico avrebbe dovuto convocarla il sindaco di Rende Marcello Manna, tante le domande ancora senza risposta. Dove sono stati presi i soldi per pagare le bollette della luce all’azienda? Chi pagherà gli stipendi agli ex lavoratori? Gli atti pubblici di cui parla il sindaco annunciando la risoluzione del contratto con il gestore quali e dove sono? Come sarà gestita la transizione e in che tempi? Perché non si è agito prima difronte alle inadempienze? I quesiti posti stamattina dai giornalisti ai consiglieri di opposizione durante la conferenza stampa tenuta a piazza Matteotti, sono il motivo per cui i gruppi consiliari di minoranza hanno chiesto già il 5 giugno scorso al presidente del Consiglio Gaetano Morrone una seduta straordinaria aperta alla città proprio sul Parco Acquatico.
“La vicenda non può essere derubricata a una semplice bega fra ente pubblico e concessionario – sottolinea Mimmo Talarico di Attiva Rende – né il sindaco può pensare di archiviare tutto annunciando la risoluzione del contratto. Il primo cittadino deve chiarire non a noi, ma alla città, i tanti punti oscuri e pubblicare subito gli atti, nel rispetto della trasparenza tanto sbandierata, prima che qualcuno possa anche solo sospettare che siano stati manomessi”. Quelle stesse carte, annuncia il consigliere Andrea Cuzzocrea, saranno richieste all’amministrazione in forma ufficiale da parte della Commissione Controllo e Garanzia, di cui è presidente. Al momento sono più i dubbi che le certezze, ma se fosse provato che il Comune di Rende, come emerge dalle ricostruzioni giornalistiche, ha agito nell’interesse di un privato e non nell’interesse pubblico, “il sindaco e l’assessore al ramo dovrebbero trarne le conseguenze”. Usa la formula di rito Talarico per chiedere le dimissioni di Manna e Rausa, quest’ultimo doppiamente implicato nella vicenda, in quanto delegato al settore ma soprattutto per via dei festini del figlio (anche in pieno lockdown).
Al momento l’unico “dimissionato” sembra essere Tonino Vivacqua. “Noi lo ringraziamo – esordisce ironico Sandro Principe – perché, al netto delle minacce che abbiamo già condannato, ha fatto un favore alla città e al Parco Acquatico”. Punta il dito l’ex sindaco contro quello che chiama “il dilettantismo di questa amministrazione”, non solo nell’affidamento e nella gestione del Parco, ma su tutta l’azione amministrativa. “Da sei anni Rende è un territorio devastato dalla volontà di conquista che ha generato privatizzazioni indiscriminate, dalle strutture sportive al nuovo cimitero”. L’avvalimento e il project financing sono, secondo il consigliere dei Riformisti, delle “truffe legalizzate”: l’avvalimento, in particolare, consente a un’associazione di imprese di vincere una gara grazie ai requisiti posseduti da una sola di esse, senza che questa mantenga necessariamente la maggioranza delle quote. Così è andata al Parco Acquatico: Conedil ha garantito per tutti ma poi è rimasta con l’1% delle quote, e la gestione è passata a una società con un capitale umano e finanziario inadeguato. “Non puoi usare una Ferrari per fare scuola guida”, è l’esempio lapidario di Principe.
La Ferrari in questione avrebbe dovuto avere, nei sogni di chi l’ha progettata, una valenza attrattiva extraurbana, i fondi europei sarebbero serviti a creare occupazione per i giovani. Un grande Parco verde, pieno di alberi e fiori, ad ingresso libero, accessibile a tutti gratuitamente, con ticket d’ingresso per i servizi. “Invece non c’è un fiore – fa notare Principe – e le oltre 200 piante d’ulivo sradicate, di proprietà del Comune di Rende, non sappiamo che fine hanno fatto. Sappiamo però come hanno speso il fondo aggiuntivo del 20% che l’Europa riconosce sempre ai progetti ultimati: 3 milioni di euro sono serviti ad acquistare attrezzature technogym ferme da anni”.
Alla conferenza stampa erano presenti anche gli ex lavoratori che nelle settimane scorse avevano denunciato la propria situazione alla stampa e all’Ispettorato del Lavoro. Nuovamente ricevuti dal sindaco, non hanno ottenuto alcuna garanzia. Adesso sono giustamente preoccupati per la propria sorte: se l’azienda perderà la gestione del Parco non pagherà mai gli stipendi arretrati.
Daniela Ielasi