Nel ricordo della strage di Cutro è stato inaugurato all’Università della Calabria il nuovo anno accademico 2023/2024 del Dipartimento di Scienze politiche. “Riemergere da Cutro” è il titolo del convegno, durato dal 23 al 27 ottobre, che ha riacceso i riflettori sul naufragio del 26 febbraio scorso. Un disastro che si poteva evitare con un intervento tempestivo da parte delle autorità competenti: delle circa 200 persone a bordo dell’imbarcazione invece, soltanto 80 sono arrivate vive sulle coste calabresi.
L’iniziativa ha previsto una serie di interventi da parte di diversi docenti del dipartimento, associazioni e testimoni diretti, che hanno avuto come obiettivo raccontare, inquadrare e spiegare agli studenti il fenomeno delle migrazioni da diverse prospettive disciplinari, allargando lo sguardo, attraverso un approfondimento mirato, a partire dalla tragedia che ha sconvolto, in particolare, l’opinione pubblica calabrese.
Le giornate sono state immersive e a tratti toccanti; per la rilevanza del tema trattato e perché si è costruito uno spazio collettivo di rielaborazione di un trauma che ha riguardato tutti e a cui sicuramente andava dato il giusto peso e importanza, soprattutto all’interno di un dipartimento di Scienze Politiche, in cui la costruzione di competenza e coscienza civica non possono essere disgiunte (anche se questo è un presupposto che dovrebbe valere per tutte le discipline).
Il “viaggio” durato cinque giorni ha prodotto numerosi spunti di riflessione, dalla constatazione della discrasia, in campo giuridico, tra norma e realtà, e l’introduzione della categoria del migrante ambientale, che “fugge” per necessità di sopravvivenza (ma apparentemente non è lo stato ad avere la responsabilità di creare condizioni sfavorevoli per la permanenza in un determinato territorio), e dunque problematizza la distinzione netta tra migranti politici e migranti economici, laddove i secondi non sono ritenuti dal legislatore meritevoli di protezione internazionale perché è assente un agente di persecuzione; alla sottolineatura della natura non emergenziale della migrazione, che è invece un fenomeno strutturale e soprattutto non eccezionale, che non minaccia la vita umana e la stabilità dei sistemi, ma mette alla prova il modo in cui “sono stati concepiti i processi di sviluppo e cittadinanza”.
A proposito del ruolo del terzo settore e delle associazioni, che erano presenti al convegno e hanno avuto un ruolo di primo piano, il direttore del Dipartimento Ercole Parini ha voluto sottolineare l’importanza della “missione sociale” dell’università, che si deve riposizionare, con riferimento all’intervento nella questione migratoria; che deve essere un’università capace di “entrare nei processi, innescando processi di apprendimento reciproco”, che stia “a fianco delle persone, per fare davvero terza missione”, che può, per esempio, rinforzare il ruolo degli operatori del terzo settore, aprendo percorsi di formazione, mettendo così a disposizione competenze e incrementando allo stesso tempo la presenza concreta sul campo.
Bruna Leonetti