“Tutti in scena” è il documentario scritto e diretto dalla regista Laura Caparrotti, ospite della presentazione che si è tenuta il 5 ottobre scorso al Dam, insieme a Ernesto Orrico (Zahir), Carlo Fanelli (Docente DAMS Unical), Fabrizio Nucci (produttore cinematografico) e Daniela Ielasi (Entropia).
Il soggetto – scritto e diretto dalla stessa Laura Caparrotti e Luca Martera – ha a che fare con la memoria della migrazione di numerosi attori teatrali italiani e della loro arte all’estero, nello specifico negli Stati Uniti d’America.
“Tutti in scena” narra le storie di numerosi artisti teatrali – Fausto Malzone, Antonio Maiori, Eduardo Migliaccio (in arte Farfariello), Riccardo Cordiferro (di origine calabrese), Ria Rosa, Antonietta Pisanello, per citarne alcuni – che hanno dato vita al teatro italo-americano, raccontate attraverso coloro che attualmente fanno parte della compagnia teatrale italiana di New York.
Il teatro italiano è arrivato negli Stati Uniti nel 1800, eppure si tratta di una storia, per molti, sconosciuta. Questo perché magari sono andati perduti molti materiali ritrovati dalle famiglie, testi e note di regia di spettacoli andati in scena nel corso del tempo, di cui si ignorava l’importanza e il valore storico.
“La memoria storica è importante – afferma infatti Laura Caparrotti –, ma anche il suo recupero e la sua trasmissione”. Durante il dibattito, infatti, è emerso quanto sia stato difficile il lavoro di ricerca, condotto per di più in piena pandemia da Covid-19 – lavoro in cui Fabrizio Nucci afferma di immedesimarsi molto –, per la realizzazione di questo documentario, nato nel 2020 e realizzato in 4 mesi, a seguito del ventesimo anniversario della compagnia KIT-Kairos Italy Theatre di New York.
“Questo documentario – afferma Carlo Fanelli – propone diverse chiavi di lettura” a partire dal fatto che emergono dei temi sociali molto importanti, per esempio la condizione minoritaria degli immigrati italiani negli Stati Uniti nell’800 o la messa in scena Shakespeare, in un periodo storico in cui in Italia non avveniva. Si dice che al tempo gli italo-americani mangiassero “pane spalmato di teatro”, perché c’era la necessità di mantenere un legame con la propria origine, la propria lingua e le proprie tradizioni.
È emerso, dunque, che il teatro crea comunità. Il fatto che il Dam sia stato scelto per la proiezione di questo documentario è significativo, essendo uno spazio nato proprio dall’esigenza degli studenti dell’Unical nel 1995 di creare una comunità dove potersi incontrare, confrontarsi ed esprimere anche attraverso l’arte teatrale.
“Tutti in scena” mediante il linguaggio documentario, dunque, volge il suo sguardo all’indietro per portare alla luce un passato poco conosciuto, ma lo fa per poi guardare avanti e comprendere meglio come le compagnie italiane si sono evolute, arrivando al punto in cui sono oggi.
Cosa succede attualmente nei teatri italiani in America? Le compagnie per l’Italian Theatre Festival di New York – di cui Laura Caparrotti è ideatrice – portano in scena testi italiani ma in inglese, perché il pubblico è per lo più americano. Al contempo sta avvenendo un fenomeno di internazionalizzazione, grazie all’utilizzo dei sopratitoli – importanti come i sottotitoli nel cinema, perché si legano al come gli spettatori fruiscono la cultura altra – che facilitano la comprensione degli spettacoli teatrali in altre lingue (come spagnolo e cinese), che sono sempre più in aumento.
Deborah Naccarato