“La riapertura il 4 maggio sarà molto timida”. Sulla fase 2 dell’Università della Calabria il Magnifico Rettore Nicola Leone frena e confessa di essere “molto combattuto”, fra il desiderio di rivedere vivo il Campus e la prudenza per scongiurare contagi al suo interno. “Ho sentito il ministro l’altro ieri – ci racconta in una lunga intervista telefonica – e l’intenzione è questa: una ripresa lenta, graduale e costante, stando attenti ad evitare ricadute che avrebbero conseguenze drammatiche”. Su Fattialcubo avevamo già anticipato i possibili scenari per gli atenei italiani dopo il 3 maggio: nella fase 2, cioé entro luglio, potrebbero riaprire biblioteche, laboratori, uffici e residenze. “Apriremo i laboratori per attività di ricerca e individuali e le biblioteche per il prestito – specifica il Rettore – per il resto ci vorranno tempi più lunghi”. Molto lunghi, ad ascoltare le sue parole: “Non sappiamo nemmeno se l’anno prossimo potremo riaprire le residenze”. Di questo passo lo scenario distopico dell’ateneo vuoto rischia di diventare non l’eccezione ma la normalità.
Da informatico ed esperto di intelligenza artificiale, si trova a suo agio lei in questo presente distopico?
Assolutamente no, io sono un convinto assertore della didattica in presenza, per noi è e resta quello il metodo di insegnamento primario, penso che non sia sostituibile dalla didattica on line. Adesso siamo in una situazione emergenziale e quindi siamo lieti che ci sia questa possibilità, cogliamo al meglio le opportunità che la tecnologia ci offre e riteniamo che queste esperienze ci torneranno utili in futuro, ma come complemento aggiuntivo alla didattica in presenza, mai in sostituzione. L’Università non è solo il luogo della trasmissione del sapere, ma anche il luogo dove si formano le coscienze, grazie all’interazione, tra professori e studenti, e fra studenti e studenti.
Non solo la didattica, ma anche il lavoro degli uffici si sta svolgendo a distanza: quanto ha funzionato finora?
Con lo smart working siamo sopra il 90%, in presenza oscilliamo fra 40 e 50 persone al giorno. Fra i dipendenti c’è stata molta paura, hanno chiesto quasi tutti lo smart working: io credo che questa paura da noi sia legata anche alla contezza di avere un sistema sanitario molto debole. Ma voglio esprimere un plauso a tutto il p.t.a. e al senso di responsabilità che sta dimostrando. Alcuni lavori si prestano di più altri meno. La difficoltà maggiore il coordinamento e il confronto: con 3-4 persone la riunione è efficace anche online, ma un’assemblea di trenta persone lo è poco.
Nel momento in cui si passa alla fase 2, i cittadini chiedono alle istituzioni organizzazione e coraggio. L’Università della Calabria come risponde?
Bisogna spingere al massimo sulle norme di sicurezza, per esempio io faccio il tifo affinché il governo renda l’App obbligatoria, e sicuramente inviterò tutti gli studenti a scaricarla: riuscire a circoscrivere eventuali focolai è fondamentale. Anche noi stiamo lavorando a un’App per innalzare il livello di sicurezza nel Campus.
Vi state preparando a ripopolare il Campus?
Su questo sono molto combattuto, lei capirà. Da una parte a me piacerebbe avere gli studenti tutti qua, dall’altra noi siamo stati attenti e pure fortunati finora a non avere nessun contagio nel Campus. Se dovesse malauguratamente verificarsi qualche focolaio, la propagazione sarebbe molto rapida, esponendo la comunità accademica a problematiche serie. Le confesso che nella prima fase sono stato preoccupatissimo, perché gli studenti, soprattutto internazionali, sembravano non capire il problema, svolgendo allegramente pericolose attività sociali. Con Patrizia Piro (delegata al CR, ndr), che ha fatto un lavoro straordinario in questo senso, ci sentivamo ogni giorno per monitorare la situazione. Mi è capitato personalmente di richiamarli mentre giocavano a pallone nelle residenze. Sono stato costretto a chiudere la sala mensa, perché si sedevano vicini. Sento una responsabilità enorme addosso.
Ma quando saremo liberi di circolare con le mascherine, e potremo spostarci da comune a comune, gli studenti potranno rientrare nelle loro case?
Dipenderà dalle indicazioni ministeriali. Il Campus vuoto ci desta un forte sentimento di nostalgia e di tristezza, ci manca la presenza degli studenti, che sono la ragion d’essere primaria dell’università. Ma allo stato c’è un provvedimento che impedisce a chiunque non fosse dentro l’11 marzo di rientrare. La residenzialità è legata al fatto che lo studente vive dove fa didattica: nel momento in cui la didattica non c’è oppure è online, lo studente non ha motivo di starci. Non saremo noi a chiudere, saranno gli studenti stessi probabilmente a non venire.
Intanto si è scelto di svuotare il Campus: alla vigilia di quell’11 marzo non avete inviato una mail agli studenti intimando di sgomberare in poche ore?
Mi dà occasione di chiarire un episodio che è stato equivocato. A quella mail, inviata “in automatico” dagli uffici senza che io ne fossi a conoscenza, ne è seguita un’altra, fatta su mia precisa richiesta, per consentire a chi voleva di restare. Nel nostro bando servizi c’è scritto che “l’alloggio non è fruibile nei periodi di sospensione delle attività didattiche” e gli uffici hanno inviato la lettera in ottemperanza al bando. Invece potevano esserci studenti, per esempio, senza una buona connessione Internet nella casa di famiglia: ce lo hanno comunicato e sono rimasti.
Quest’anno l’Unical ha registrato un calo delle immatricolazioni del 5%, in controtendenza con il dato nazionale. Non teme che la didattica a distanza spingerà i calabresi verso gli atenei del nord o le università telematiche?
Non credo accadrà: anche se l’anno prossimo la didattica restasse principalmente on line, e questo non possiamo escluderlo, nel rispetto della sicurezza ci saranno anche attività in presenza, e alcune, come i laboratori, sono possibili solo in presenza. Tra l’altro l’Unical ha mostrato di essere all’avanguardia del Paese, mettendo in campo, in pochi giorni, una didattica online interattiva ed evoluta, ben diversa da quella delle telematiche.
Daniela Ielasi